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domenica 10 aprile 2011

Fiabe 8

La Principessa del monte Gragno
Cera una volta…. …una principessa che viveva tranquilla in un bel castello alle pendici del monte Gragno con il suo principe e una piccola principessina.
Aveva costruito quel castello in modo che fosse sicuro, con spesse ed alte mura, in modo che nulla potesse distruggerlo.
Ci stava bene, lo aveva voluto lei, ma a volte saliva sul bastione più alto e si fermava a rimirare le selve che si stendevano sterminati attorno al castello e il cielo infinito e pensava con nostalgia al profumo dei fiori che da li non poteva sentire e, nonostante tutto, si sentiva un pò sola.
In una gelida notte d’inverno, mentre camminava solitaria sui bastioni, vide fuori dalle mura un folletto.
Sembrava stanco ed affaticato e disse alla principessa “Se tu fai costruire una strada affinché si possa viaggiare più agilmente per questo regno, io ti donerò il potere della magia”.
La principessa rimase perplessa.
A cosa poteva servirle la magia se aveva già tutto quello che desiderava? Però alla fine accettò.
E dopo un pò che la strada fu costruita e che incominciarono a passare tanti viandanti, arrivò al suo castello un cavaliere su un bel cavallo bianco e la invitò a passeggiare sui prati fuori dal castello.
Lei si fece tentare, e quando riscoprì il piacere dell’erba morbida e fresca sotto i piedi e respirò il profumo inebriante dei fiori non volle più farlo andar via ed usò la magia per farlo rimanere nel suo castello e poter continuare a sognare con lui.
E lui rimase.
Intanto grazie alla strada un sacco di gente passava, gente con la quale lei aveva la possibilità di trascorrere piacevolmente parte delle sue giornate.
Un giorno passò anche un cavaliere nero, che mai mostrò il suo vero volto, ma che possedeva anche lui il dono della magia e lei ne fu incuriosita e anche un pò spaventata perché la sua magia era molto misteriosa e aveva un gran potere su di lei.
Ma improvvisamente, per fortuna, un giorno il cavaliere nero se ne andò e lei non lo vide più. Venne poi un re, altero e fiero, con lo scettro e la corona che la volle come sua regina Lei fu tanto affascinata dalla sua forza, perché anche lei era forte e finalmente aveva trovato qualcuno che potesse tenerle testa, che anche con lui usò la magia per farlo rimanere nel suo castello.
Oramai il castello era diventato molto affollato, lei andava e veniva, si alternava instancabile tra coloro che lo abitavano.
Non si sentiva più sola, ma di tanto in tanto si chiedeva se aveva usato la magia nel modo giusto.
Comunque oramai il suo cuore non avrebbe potuto più rinunciare a nessuna delle cose belle che ora possedeva.
Aveva tanto amore da dare e tanto ne riceveva e stava proprio bene.
Un giorno venne anche il piccolo uomo della grande valle che abitava nel castello di fronte al suo.
Stettero una notte a rimirar la luna piena.
Poi lo salutò, in fondo stava lì vicino e avrebbe potuto venire in qualsiasi momento.
Con lui non usò la magia, ma la luna provvide ad usare la sua per farli unire da una cosa molto preziosa, l’amicizia.
La principessa raccontò…. “Ero molto giovane quando feci entrare la prima volta qualcuno nel mio giardino, ma poi se ne andò e venne l’inverno.
L’erba ingiallì , i fiori morirono e le piante gelarono sotto la neve.
Ma l’entusiasmo dell’età fece tornare la primavera, e il mio giardino nonostante tutto rifiorì, anche se mai sarebbe potuto diventare come era stato.
Fu allora che, senza quasi che me ne rendessi conto, ci entrò qualcuno che mi aiutò a piantare nuovi fiori e ad innaffiare le piante, e il giardino crebbe di nuovo bello e rigoglioso.
Ma un giorno un uragano si abbatté violentemente su di esso distruggendo tutto ciò che vi conteneva e mi ritrovai da sola a contemplare quella desolazione, solo fango al posto dei prati, solo arbusti carbonizzati al posto dei castagni.
Una coltre di dolore si stese intorno al suo castello, con la forza della disperazione costruii attorno ad esso un robusto recinto e feci a me stessa una solenne promessa.
Mai e poi mai avrei più fatto entrare qualcuno lì dentro.
 Mai più…
Avrei curato con amore le selve, con grande fatica avrei fatto ritornare l’erba verde, i fiori sarebbero di nuovo sbocciati, ma solo per me, io sola avrei potuto starci dentro, io a coltivare con le piante anche la mia solitudine.
Adesso oltre quell’impenetrabile steccato vedo un albero, è bello, verde e rigoglioso.
Il vento mi ha portato una sua foglia, l’ho presa o l’ho posata sul mio cuore e ho sentito la sua dolce vibrazione.
Mi fermo a guardarlo, non ha radici e si avvicina sempre più, protende i suoi rami dentro il mio giardino e sotto ad essi mi piace sostare, la sua ombra è fresca e ristoratrice.
A momenti vorrei che facesse parte del mio giardino per poter cingere il suo tronco con le mie braccia, avvicinare il mio cuore ad esso e sentire la sua linfa scorrere in me, dovrei aprire il recinto per farlo entrare, ma nello stesso momento ritorna in mente la promessa e il dolore riaffiora e come acqua salata inonda una ferita ancora aperta che forse mai si rimarginerà. ” Ed il piccolo uomo della grande valle passò ancora a trovare la principessa, più e più volte.
Un giorno che venne le regalò un germoglio di castagno che lei impiantò fuori dalle mura del suo castello.
L’albero crebbe pian piano e diventò un grande albero dal grosso tronco e dalle verdi foglie e la principessa sempre più spesso andava a sedersi alla sua ombra dove trovava ad aspettarla il piccolo uomo della grande valle.
Il tempo che passava lì la riempiva così tanto di serenità e di gioia che iniziò a disinteressarsi sempre di più del suo castello e di tutta la gente che vi aveva fatto rimanere.
La principessa si rese conto che la magia donatale dal folletto altro non era che un trucchetto da prestigiatori e che non era affatto dispiaciuta se oramai nessuno veniva più a trovarla nel suo castello anche perché poco ci stava, inoltre la strada che aveva fatto costruire, dato che non veniva più usata, cominciò a scomparire sotto la vegetazione.
Ma nemmeno questo le importava più, solo quando si fermava vicino al suo albero era felice tanto che tutto attorno ad esso prese a costruire un nuovo bellissimo giardino aiutata dal piccolo uomo delle grandi pianure che instancabilmente continuava ad offrirle fiori profumatissimi e dai mille colori.
E la luna guardava dall’alto e sorrideva, vedeva quest’albero che diventava sempre più grande tanto che le sembrava volesse arrivare fino a lei.
Aveva usato la sua magia per dare loro l’amicizia e loro l’avevano usata come fresca rugiada per far crescere quel bellissimo giardino e di questo fu molto soddisfatta.
Una notte la luna chiamò vicino a sé tutte le stelle e disse che aveva bisogno del loro aiuto per fare la magia più grande di tutte le magie da donare alla principessa e al piccolo uomo della grande valle.
 Così luna e stelle fecero una grande danza nel cielo che si riempì di mille luci e colori, una musica celestiale attraversò il cosmo fino negli angoli più remoti e alla fine l’universo, per un attimo, si fermò.
Fu in quel momento che scaturì la magia, come acqua pura di sorgente che sgorga dalla roccia, e che scese come una pioggia scintillante nei cuori della principessa e del piccolo uomo della grande valle, in fondo ai quali era seppellito il seme dell’amore che così sbocciò e crebbe... crebbe... crebbe....
Ed il tempo passò, lento quando doveva essere veloce e veloce quando doveva essere lento, però passò.
I minuti divennero ore, le ore divennero giorni, i giorni divennero mesi e i mesi divennero un anno.
La principessa e il piccolo uomo delle grandi pianure se ne stavano nel loro giardino che era diventato così bello e così grande che ormai i due ci si erano persi dentro e non sapevano più dove fosse l’uscita né se ancora esistesse.
Ma tanto a loro non importava che ci fosse né un’uscita né un’entrata, nel loro giardino c’era tutto ciò di cui avevano bisogno.
E c’era sempre anche la luna che dall’alto del cielo li guardava, li proteggeva e a loro sorrideva rassicurante.
Anche se a volte la principessa e il piccolo uomo delle grandi pianure non potevano stare assieme, era come se un filo unisse costantemente i loro cuori.
Però la principessa temeva che quel filo prima o poi potesse spezzarsi e, mentre una sera se ne stava assorta nei suoi pensieri, la luna, che la vide così pensierosa, andò da lei.
Le disse quindi di prendere un filo dalla veste che le avevano fatto indossare quando era nata, che lei ancora conservava, e di portarglielo.
Così la principessa fece, andò, prese il filo e ritornò dalla luna.
Questa chiamò tutte le stelle del cielo e, come già una volta aveva fatto, chiese a loro di danzare.
Le stelle danzando fecero scaturire la magia che con mille scintillii avvolse la principessa e il filo che teneva tra le dita che luccicò come fosse una stella dorata.
Poi la luna disse alla principessa di andare dal suo cavaliere e di dargli il filo d’oro perché lo custodisse.
Quel filo magico avrebbe tenute unite le loro anime per sempre senza spezzarsi mai.
La principessa si fermò un attimo, si trovava sulla cima del colle, da dove poteva vedere le selve con il recinto tutto intorno.
Si guardò in giro…com’era tutto cambiato da allora!!! Niente più recinti, ma solo alberi e fiori che lei e il piccolo uomo delle grandi pianure avevano piantato assieme facendolo diventare il più fantastico e sterminato giardino che potesse esistere.
Si distese sotto l’albero, e il suo sguardo andò alle foglie verdi mosse da una leggera brezza, al cielo azzurro e limpido dietro ad esse ed alla luna bianca che le sorrideva più in là.
Poi si alzò sollevandosi in punta dei piedi per sfiorare una foglia sul ramo più basso e attraverso le sue dita sentì entrare una leggera vibrazione che si propagò attraverso il suo corpo facendole sobbalzare il cuore.
Era come se l’albero, con quel contatto, le avesse fatto per un attimo rivivere il momento in cui lei e il piccolo uomo della grande valle lo avevano piantato.
La principessa rivolse un altro sguardo alla luna quasi si aspettasse qualcosa e in quel momento la foglia si staccò delicatamente dal ramo finendo nella sua mano.
Allora la principessa capì cosa doveva fare, cominciò a camminare e da ogni pianta che trovava raccoglieva una foglia, voleva portarle al piccolo uomo della grande valle perché, quando tra molti ma molti anni l’età avanzata avrebbe cominciato a far sbiadire i ricordi, avrebbero potuto, sfiorando le foglie, rivivere insieme la nascita del loro giardino.
Quando le ebbe raccolte tutte cercò il piccolo uomo per dargliele.
Era ormai calata la sera, la luna era sparita e il cielo stava diventando sempre più nero, comparvero le stelle che non avevano però il loro solito splendore.
La principessa guardò dappertutto, lo chiamò, frugò in ogni angolo, ma alla fine si rese conto che il piccolo uomo delle grandi pianure se n’era andato dal loro giardino, lasciandola sola nel buio della notte, ed ebbe paura, faceva freddo, un vento gelido la faceva tremare, ripensò e rimpianse il suo steccato che per tanto tempo l’aveva tenuta al sicuro da tutte le intemperie. Cercò un riparo dove potersi proteggere e quando trovò una piccola grotta si infilò dentro, si raggomitolò nell’angolo più buio e, trattenendo il fiato, rimase lì sola stringendo nelle mani le foglie che aveva raccolto.
La principessa si svegliò, da dentro la buia grotta non riusciva a distinguere se fuori fosse giorno o notte.
Nel silenzio che regnava lì dentro improvvisamente le parve di sentire qualcosa, trattenne il respiro per sentire meglio, sembrava un lamento soffocato.
La principessa si alzò e uscì dalla grotta.
Fuori era calata la notte, cupi nuvoloni coprivano il cielo e quindi in esso non si scorgeva nemmeno il rassicurante luccichio delle stelle, il buio era totale.
Si mise in ascolto e dopo un po’ sentì di nuovo, il cuore nel suo petto sussultò, in quel momento capì che non era vero, come aveva pensato, che il piccolo uomo della grande valle se n’era andato dal loro giardino, ma bensì comprese che gli doveva essere successo qualcosa, provò a chiamarlo, ma non ricevette risposta.
Doveva trovarlo.
Cercò di ascoltare di nuovo per capire dove poteva essere e in che direzione muoversi, ogni tanto le arrivava quel verso soffocato, ma ogni volta, come una eco, proveniva da una direzione diversa e lei non sapeva che fare e dove andare, provò a chiamare più e più volte, ma non ricevette risposta.
Ebbe paura.
Poi finalmente sentì giungere un debole lamento, doveva andare in quella direzione, ma il buio era così fitto che non riusciva a distinguere niente.
Questa volta non c’era la luna che potesse compiere qualche magia e nemmeno rischiararle la strada, il solo aiuto che poteva trovare era in se stessa.
Chiuse gli occhi, sì, se voleva, la magia era anche dentro di lei, stava nell’Amore che la legava al piccolo uomo della grande valle e questo era il momento di usarla.
Era come una forza potente e prodigiosa dentro la sua anima che lei raccolse e guidò attraverso il braccio fino alla sua mano che andò ad afferrare la spada appesa al fianco sguainandola.
Aprì gli occhi e vide che la spada emanava un bagliore fluorescente che riusciva a rischiarare le tenebre attorno a lei.
Così, senza perdere altro tempo, si incamminò nella direzione in cui aveva sentito l’ultimo soffocato richiamo.
Mentre camminava continuava a chiamarlo, prestando attenzione ad ogni minimo rumore, finché giunse di fronte ad una parete di roccia chiamò ancora e da dentro alla montagna sentì lontana la voce del piccolo uomo della grande valle che le diceva di andare via.
Cosa era successo? Come era finito lì dentro? Perché le diceva di andarsene? Davvero voleva restare lì dentro e senza di lei? No, non poteva lasciarlo là, la sua voce era sofferente, doveva stare molto male, non aveva la minima intenzione di andarsene come lui l’aveva pregata, doveva fare qualcosa per arrivare da lui.
Cercò se ci fosse un’apertura nella roccia, ma non trovò nulla, intanto lo chiamava, cercava di parlargli, ma lui continuava a non rispondere.
Doveva assolutamente entrare e arrivare da lui, così la principessa si mise di fronte alla roccia, impugnò la spada con ambo le mani, chiuse gli occhi e cercò di nuovo dentro la sua anima la forza dell’amore.
Quando l’ebbe trovata la fece fluire attraverso le braccia nella sua spada con la quale sferrò un possente colpo contro la roccia creando un piccolo varco.
Sembrava che dietro a quel muro di roccia ci fosse una caverna, così, un po’ con le mani e un po’ con la spada, scavò per allargare il varco quel tanto che le sarebbe bastato per entrare e arrivare dal piccolo uomo delle grandi pianure.
Ma quando finalmente riuscì ad entrare, quel che vide le raggelò il sangue.
Un enorme drago le sbarrava la strada, quel drago adesso le stava parlando ed aveva la voce del piccolo uomo delle grandi pianure, era proprio lui e le stava di nuovo dicendo di andare via, poi con un colpo di coda la scaraventò fuori dalla grotta e, spalancando le fauci sputò una grande fiammata che investì le piante intorno a lei.
La principessa ferita e spaventata si guardò intorno.
Le selve stavano bruciando.
Si alzò e, trascinandosi, cercò di scappare il più lontano possibile.
Le faceva male dappertutto, ma si sforzò di allontanarsi più che poteva, voltandosi ogni tanto a guardare i bagliori dell’incendio che stava divampando.
Poi, ormai senza fiato, si fermò, raccolse a fatica delle pietre e cercò di erigere intorno a se un piccolo rifugio, ma prima ancora di averlo completato le forze le vennero meno e svenne scivolando in un incubo fatto di cupe e tormentate visioni.
Intanto dai suoi occhi sgorgarono mille calde lacrime e la luna, che la vide attraverso uno squarcio delle nubi, pregò le stelle di scendere a raccogliere ogni lacrima e di lasciarla sulle nuvole.
Quando le nuvole furono piene delle lacrime della principessa, queste scesero come una pioggia sul giardino, spegnendo l’incendio che vi stava divampando.
La pioggia sferzò anche il viso della principessa che si ridestò.
Continuava a sentire male dappertutto, ma udì di nuovo quel debole e soffocato grido di aiuto e senza pensarci un attimo fu di nuovo in piedi con la spada in mano.
Doveva ritrovare il drago per aiutare il piccolo uomo delle grandi pianure.
Così si incamminò e quando se lo trovò davanti si fermò di fronte a lui fissandogli gli occhi.
Li riconosceva , erano proprio quelli del piccolo uomo della grande valle, ma erano iniettati di sangue ed emanavano paurosi lampi.
Cercò di capire cosa poteva essere successo, era come se il piccolo uomo della grande valle fosse stato catturato da una forza negativa, cupa e malvagia.
La principessa non poteva combattere il drago con la sua spada perché così avrebbe potuto ferire o uccidere anche il piccolo uomo delle grandi pianure che in esso era imprigionato.
Non sapendo che altro fare chiuse gli occhi e, sommessamente, intonò con la sua debole voce un dolce e disperato canto d’Amore.
Il drago, immobile, stette ad ascoltare.
Poi la principessa, quando ebbe finito, alzò lo sguardo fissandolo negli occhi e in essi notò un breve scintillio che ben riconosceva e che fece sorgere in lei una debole speranza.
Ma subito dopo il drago aprì le fauci sputando un’altra fiammata che investì la principessa con tutta la sua bruciante potenza.
In quel momento lei non poteva fare niente altro per liberare il piccolo uomo dela grande valle dal drago malefico, la maledizione poteva essere rotta solamente se lei e il piccolo uomo avessero unito la loro forza dell’amore, ma in questo momento lui era paralizzato dentro al drago, non poteva né vederla né sentirla, e non riusciva a reagire.
Così la principessa, ferita e colma di disperazione, dovette allontanarsi da lì.
Sul giardino era sceso un buio talmente fitto che sembrava quasi vischioso.
La luna passò, alta nel cielo, e una rossa lacrima di sangue comparve sul suo volto rotondo scendendo dal cielo fino al giardino.
I fiori iniziarono a sfiorire, le foglie degli alberi si seccarono e si staccarono dai rami portate da una folata di vento autunnale.
La principessa vagò per un po’ finché giunse in una radura dove vide un piccolo laghetto.
Si avvicinò alla riva e vide la sua immagine riflessa sulla superficie dell’acqua.
Su tutto il corpo erano ben visibili i segni delle bruciature e delle ferite, ma il contemplare la sua immagine così familiare la rincuorò, poi una foglia secca, portata dal vento, si posò sull’acqua increspandola.
La principessa si scosse e pensò che doveva cominciare a prepararsi un riparo per sopravvivere all’inverno che si stava avvicinando.
Si sentiva sola senza il piccolo uomo della grande vallle e, anche se pensava che aveva fatto tutto quello che era in suo potere per cercare di liberarlo, comunque non si dava pace.
Il giardino, con i colori dell’autunno aveva assunto un aspetto malinconico, ma quello che la rendeva più triste era che non sapeva se avrebbe mai più rivisto il piccolo uomo della grande valle.
Se così fosse stato nel loro giardino non avrebbe più potuto rispuntare la primavera.
E venne la pioggia che bagnò le principessa, soffiò un vento impetuoso che la gelò fin nelle ossa, poi venne la neve che, con il suo candore, ricoprì le selve rendendole bianche e ovattate, senza colori, forme e contorni, diventando un tutt’uno con la fitta nebbia che coprì il cielo avvolgendo la principessa in un’unica nuvola evanescente vagante nel nulla.
E rimase così, sospesa nel tempo e nello spazio perdendo ogni riferimento, finché guardando quel bianco assoluto e impalpabile ebbe come l’impressione di vedere qualcosa delle figure prendevano forma, come se qualcuno, o forse lei stessa, stesse disegnando su di un foglio bianco.
Man mano che il dipinto procedeva si rese conto che quel che aveva cercato di capire negli ultimi tempi adesso le appariva in tutta la sua terribile semplicità.
Non era mai esistito nessun drago se non nella sua mente e il piccolo uomo delle grandi pianure non se n’era mai andato via da lei, le aveva solo chiesto il suo aiuto in un momento in cui aveva avuto bisogno di lei, ma lei, troppo presa a curare i fiori del loro giardino, non se ne era accorta.
Il quadro adesso era finito e la principessa rimase a fissarlo allibita chiedendosi perché, se la cosa era così semplice non la avesse capita subito, comprese quanto male aveva fatto al piccolo uomo della grande valle e il dolore che sentì fu davvero enorme.
Non era stata capace né di vedere né di sentire e per questo non meritava più di essere una principessa.
Ma in quel nulla impalpabile apparve debole una luce.
La principessa guardò verso quel chiarore che diventava sempre più intenso, fin che in esso apparve una figura.
La principessa non riusciva a credere ai suoi occhi, il piccolo uomo della grande valle era lì davanti a lei, un debole, triste sorriso illuminava i suoi occhi, poi si avvicinò fino a che le loro mani si sfiorarono e la principessa fu sopraffatta da un’ondata di emozioni.
La gioia di avere di nuovo vicino a se il piccolo uomo della grande valle era così immensa che non riusciva nemmeno più a capire dov’era.
Già... ma cos’era quel posto dove erano finiti? Era il magico mondo delle selve colorate.
Lì tutto era possibile, dipingendo insieme e combinando abilmente le tinte potevano far comparire variopinti prati fioriti, tenui arcobaleni, tramonti infuocati o albe dorate, mari turchini colmi di bizzarri pesci colorati, lune e stelle argentate, qualsiasi cosa essi avessero desiderato, ma in questo mondo, tra tutti i colori che avevano a loro disposizione, c’era anche il nero più cupo che avrebbe potuto inghiottire non solo tutti gli altri colori, ma anche la luce che a loro dava la vita.
La principessa si sentiva ancora un po’ scossa e questo posto la rendeva leggermente spaesata e impaurita.
Guardò il piccolo uomo della grande valle.
Era lì, davanti a lei, la sua immagine però le appariva leggermente sfuocata, come se lui si fosse avvolto in una coltre di velo trasparente, quasi fosse un mantello per proteggersi dal freddo e lei avrebbe tanto voluto poterlo scaldare col suo calore.
Lui la guardava anche, silenzioso e così stettero, per un eterno attimo, in attesa di iniziare ad usare i colori.
Ma poi il piccolo uomo della grande valle si scosse da quella immobilità.
Con una mossa fulminea estrasse un pugnale, si avventò sulla principessa e, negando il suo amore per lei, la colpì al cuore.
La principessa, che doveva la sua esistenza all’amore che il piccolo uomo della grande valle nutriva per lei, lo guardò incredula negli occhi.
Mentre i loro sguardi si fondevano nel dolore, furono avvolti da piccole bianche scintille che brillarono turbinando per qualche attimo e, come fiocchi di neve sbattuti violentemente dal vento gelido del nord, scomparvero lontano nel cielo confondendosi tra le stelle.



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