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Le mie scritture

venerdì 8 aprile 2011

Poesie 12


Vento

Basta  la  lieve  brezza  per 
far  decollare  il nostro  amore 
sulle  ali  dell’ aquilone.

Vento  infedele, 
ossessione  dei  marinai.

Il  molino  implora  il  vento
per  muovere    le  pale.

Nel  bene  e  nel  male
padrone  assoluto,
tiranno  indiscutibile, 
despota  pervasa.

Tanto  ti  ho  implorato,
supplicato, 
immolato  l’anima mia.

Volar  vorrei  sui  clivi,
alpeggi,  
e  lande  desolate.

Alzo  le  braccia  al  cielo,
ti  invio  la  mia  supplica.

L’oltraggio,


L’oltraggio  è  alienato                                                                                 
tra  le  rupi,   
le  alpi  inaridite  dal  sole 
tra  le  grida  acuti  di  dolenza.

Cercherai con gli occhi, 
errando 
la  mia  origine  che  scompare,  
le  moltissime  città  annientate, 
le  membra  dei  figli di Adamo 
privati  del  soffio vitale   
e  del  pianto.

Laddove io  mi  tratterrò 
ad  indugiare  sulla  mia  nuvola
minacciosa   e  cupa.
Ammira, 
avvolge   il  mio  fiorente  paese  
che  perisce nel tempio dall’acredine islamica.

Vorrei

Prima  che  Dio sentenzi 
la  mia  dipartita
vorrei  cantare  lodi 
ai  miei  figli.

Vorrei   coccolare  i  mie  vecchi,
gli  invalidi,
i  sofferenti.

Sommergere  la  mia  passione 
su  fogli  bianchi
per  poi  cullarmi   
fra  ispirate   liriche.

Il   pianto  celerò
in  cataletti  trasparenti.

L’incertezze, 
l’inquietudini,     
l’insicurezze
le  legherò 
a   nubi  fluenti.

Angelo

Poi   da  una  scoglio 
precipitò  un  brandello  del  mio  cuore,
rotolando  in  un  prato  della  selva,   
fra   le  fronde   allo  stramazzar  del  vento.

Lo   afferrò da  l’acqua 
un  vetusto  pescatore.

Ma  anche  con   tanto   entusiasmo
il  cuore  come  la  fronda  non  risorse.   

Per questo,
con  aspra  destrezza  volle,  
per rappezzare, 
valersi  un  po’  di  indulgente  destrezza.

Sforzo  dopo  sforzo  l’ incastro  preciso 
il  vecchio   non  consegue.

Allora  una  barbaglio,
un    pensiero  accecante
perviene  alla  mente .

Cosi  con semplicità
soffiò  sulla  lembo  perduto,
ripara  il  cuore
e  in  celo  si libra. 

Era  il  mio  angelo  custode
Ultime volontà

Non   sia    da  voi  lagnarsi                              

 per  passioni  dissipate

per  sogni sfumati.

Non affliggetevi   
delle  mendaci  lusinghe 
da  vetusti  rimpianti.

Pensate   senza malizia,
con  dovere  pensate.

Immuni  dalle  deformi  opere   
del  nostro  creato, 
a questo punto  antico,
al  centro  dei  rari     beni    
che   ostinato  tuttora  ci  offre.

Disprezzate  con  tutta  l’energia
l’illogica  guerra 
lo  sterile  inganno
la  stolta   spensieratezza
l’impossibile  scienza dell'assoluto
la  soppressione  della  ragione .

Adorate  immensamente 
la  splendore  del creato
l’attrazione  delle  astri 
il  gorgoglio  dell’acqua
la  serenità  della  tenebre
il  sentimento  dell’essere.

 Il   primo   25° 

Avete  intrapreso  un  viaggio,   
avete  deciso  la  sua  destinazione, 
ricordate  25  anni  fa  come  e quando  è  successo?                                             
Tutto ciò che sapete  e  ricordate 
è  la luce  accecante della  luna 
he  polverizzò  i  pensieri.
Apparve  insinuante
tra gli scuri chiusi di una stanza.
La  osservavate  cosi, 
come si osserva  il  quotidiano,
deciso  da  mani  sterili  
che  asciugano il  sudore  della  pelle 
il dolore,   
il  buio.
Il  silenzio  ovattato di  quella  parete
cosi  bianca –
cosi spoglia –
cosi uguale.
Dentro  il  cuore  stanco una  voce  risuona,    
voi  cosa  cercate?
Cercate un  nuova alba che danzi sulle vostre  ciglia,
cercate  il vento  che  fa  piegare  gli alberi,
cercate  il  mare  che  vi  bagni il  corpo,
cercate  la  pioggia  che  disseti  l’arido.
Cercate  la  gioia,  l’amore,  l’amicizia,
la  vostra  giovinezza,
allora  quella  stessa  voce  vi  ripete 
Sperate, Pregate,  Credete, 
avrete  intrapreso  il  vostro  viaggio.        
La  vostra  meta  è  la Vita.

Paese  Natio

Alberi bercianti, 
il  loro gemito di sofferenza
contro un cielo intriso di foschia.
Alienate nubi si bramano,
s’inseguono,
s’imprigionano,
si scontrano.
Sorgeva esitante la pioggia 
e  munita di ardire percuoteva   
la mesta terra,
disseminata di spoglie esamini.
Sovrana, 
anonima la selva, 
coperta di coltre bianca,   
braccia benevoli
occultano i frutti.  
Si percepivano remoti,  
distinti e gelidi i rintocchi  
pervenuti da l’antica chiesetta .
Rigagnoli plumbei
si levavano dai comignoli, 
mossi dal vento dell’est.
In quel focolare un uomo, 
dall’età del crepuscolo,
un boccale di vino novello gustava 
laddove serene riflessioni di 
un’estate rimembrava 
in quei momenti la mestizia
gli ricolmava il cuore.

Vorrei

Con i  fulmini  dell’infermo,                                    

vorrei  illuminare  il  paradiso. 

La  realtà   è  solo   l’eco                                        

 dell’incubi   dei  poeti.

L’ombra  del  perfetto,                                        

quello  che  è  prodigioso                                                         

nel genio  o in natura                                                                       

seduce  l’angoscia  di  chi  si  ama.


Mi vorrei  sommergere   
nell’animo  dei  poeti   scrutar
l’essere  ispiratore  
e  poter  sognare.

Odio  il  perfetto   
perché l’angosce  di  chi  amo   
siano  mie, 
solo mie.

Lacrime 

Vuote  stille
di  cui non sai il  senso,
tormento,   
dall’intimo  del  cuore,
dal  profondo  di qualche
celeste  sconforto.
Rampollano  nel cuore
e affiorano  negli  occhi,
giocano alla vista
dell’immensità  del  mare, 
del  mistero  della  vita.
Pensano  ai  giorni
che  non  sono  più  miti,
come  l’antico  bagliore 
dell’astro  su   una  vela,
affidandoci  perduti  ricordi.
Giornate  che mutano  mesti 
appena l’estremo  barlume 
ondeggia  da  una  veliero 
sulla   linea del tramonto, 
razziando   nella  gerla  dell’amore.
Tanto  soavi
tanto  mesti
i momenti che  non  si manifestano  
in  questa  vita.

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