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Le mie scritture

sabato 9 aprile 2011

Poesie 27

La luna dalla battigia

Folate regnanti in un giorno
di tarda estate,
infine si velano nel fatato
attimo del tramonto.

Lame d’acciaio e d’oro
saettano  su frangenti cangianti…
ignudi sull’arenile leggiamo nel sole
in toni leggeri lo sfumare del giorno,
del salmastro l’intenso odore.

Dove la risacca ci accarezza
rapito in evanescente
e soave sogno,
il novilunio si innalza,
fremendo ignudi.
                    
Velata sorge
dalle brume all’orizzonte, 
esitante appare  
come timida sposa,
e poi si ravviva,
rubiconda e affascinante,
seducente e smorfiosa,
non più timida  amante.

Incantato le gridai
luna ti amo.

I figli vanno

Correte  fra selve e prati
dove garrule voci
tracimate dal vento
innalzano il vostro nome,
non abbiate paura  di gente lontana
dell’angosce che la vita impone.

Se nei pensieri
serberete i miei consigli
guaderete fiumi,
solcherete mari
espugnerete il mondo e
sfuggirete a finte fantasie.

La vita è breve,
apro la dorata prigione del cuore
dove accoccolati siete stati bambini,
andrete per erte e polverose vie,
spoglierete i vostri sogni.

Il capo volgerò il dì del triste addio,
ma se un giorno delusi dalla vita
remore riprendete la vecchia via
qui sarò a braccia tese.

E se trascorsa
è l’ultima primavera  
pensatemi con passione
e il mio pianto ascolterete.

Un saluto

Un saluto - ai momenti
incoscienti e teneri
nati al contrasto
della luna sulla sconfinata selva.

Un saluto - all’intensa follia
di quegli attimi
ai confini del cielo.

Un saluto - all’appagante
delirio del sentimento
di una poesia.

Un saluto - alle reminescenti
fole di memorie lontane,
non mi allieterete più.

Un saluto - all’inquietudine,
all’ansia,
all’esaltazione,
riposate nell’incavo nascosto
dei miei pensieri,
il vostro sonno
sia un riposo sereno.

L’attesa

Confuso mi perdo
nell’arcobaleno
dei tuoi occhi,
là dove vissi
si spengono i pensieri,
ora compongo prose di te.

Grido il tuo nome
alle nevi eterne,
bella come paradisea
nel tuo canto smarrisce
l’abbaglio e il desiderio.

Il mio cuore conta gli istanti   
prima di ritrovarti,
la nostalgia strascica
l’eterna catena.

Riemergerai dalla spoglie dell’aurora
come stille di brina ,
strazianti istanti di noia,
vano desiderio del sole perduto
tremanti scaglie dorate al tramonto.

Sei passata  dal mio sentiero
come una fronda appassita,
cade e  scompare nel vento.

Ho abbandonato il mio corpo
nella scia delle stelle.

Opera musiva

Pioviggina sui mesti cipressi,
acqua ingiallita
su viottoli sterrati,       
ambiente cinereo
per una realtà che indugia
negli androni della memoria.

Con il pianto
che brucia negli occhi
anche il domani
veste di morte.

Alberi scossi,
privati delle sgualcite fronde,
tempo privo di grazia,
tempo colmo di sconforto,
cielo imbrattato di grigio.

L’ultima dimora di lapidi
al di là di un freddo cancello,
una donna prona
sulla gelida pietra 
invia la sua orazione
al mugugnare del vento,
che sui sepolcri      
ha sparso petali appassiti
e spento traballanti lumi.

Figure di abbandono
e di trapasso,
nel buio il giudizio si confonde
in un’opera musiva confusa,
del mio essere che si compiange.

L’unico fiore

Giunta al bagnasciuga
scompari sotto l’umida sabbia,
donami  serenità
nella sodale notte,
dove ciarlieri silenzi
raccontano di taciturne note,
discinte  parole…
vocaboli smarriti.

Alato dalla bellezza eterea
tacito e tranquillo
guidami,
è giunta l’ora.

Ti ricordi dei momenti
dell’amore, del canto?

Cose nostre un tempo…
adesso tumulate
in inzuppati tramonti
che svaniscono al far del giorno.

Donami serenità ,
tu…
che dalle zolle aride
resti l’unico fiore.

Immaginazione

Lagrime che grevi
scrosciano dall’estremità del cielo
per saziare l’arsura
del mio giardino.

Crisantemi appassiti dal dolore
cadono dalle gronde delle case
e rotolano nell’intimo
mio come stille amare.

Suppliche di chi piange
con la carne offesa da saette
che si conficcano in questo tronco
spoglio di primavera.

Miraggio di cime innevate
dove l’aquila si erge torreggiante
nell’azzurro dell’immortalità.

Pensieri fuggevoli,
rimembri del nuovo giorno,
in me che tutto è provvisorio,
immotivato,
come la mia ombra.

L’immaginazione  di fuggire,
di pensare a cieli sempre azzurri,
ai prati verdi,
alle rose odorose,
e sono pago
del piacere che mi plasma,
ed il corpo è sazio con poco.
 
L’affetto,
la tenerezza raccolgono
nella giare della vita,
l’amore…

Questa è l’armonia
dei miei pensieri
dove germoglia la poesia.

Martelletto…

Fastelli di vimini stesi
al sole arrogante dell’estate,    
liriche mute
sotto cumuli di terra smossa.

E’ un martelletto…

Un’anima si erge
verso l’ultima frontiera
di un cielo plumbeo,
come una fronda
strapazzata dal vento.

E’ un martelletto…

Il far del giorno nasce,
e la rugiada bagna le ali
dei miei incubi,
il giorno mi nasconde
le gioiose novità,
la notte offusca i desideri,
chi mi reciterà una nuova fola.

E’ un martelletto…

L’impalpabile ticchettio della sveglia
conteggia i minuti scalfiti
nell’angosciato dormiveglia,
sulle corde dell’organo,
l’eternità percuote
insistente il martelletto…

In questo giaciglio
di frastuono.


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