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Le mie scritture

sabato 9 aprile 2011

Poesie 24

Cipressi

Processioni di Croci,
un solco,
infiniti solchi di Croci.

Bacche di cipressi neri,
chiome solenni reclinano
indiscrete a rimirar
l’esteso luogo,
dove sul trono la morte
cinge la corona.

Effluvio di resina
sensazioni di canti Gregoriani
pervenire dalla imponente Croce
note solenni di mille organi.

Palmi  tesi a baciarsi,
suppliche,
preghiere,
sguardi levati al Credo
verità rivelata.

L’angelo triste

Alte onde  che  si
contorcono addensate
e si infrangono,
dove le falesie
dirupano.
Incontenibile pazzia
del vento regnante
che stanca
le fronde  caduche
di imponenti eucalipti.
Saette che oltrepassano
l’eremo oscuro della notte,
boati che scavalcano monti
come venti tempestosi
e si avviluppano al tumulto
della tormenta,
caos, fermento, sofferenza.
Corsie colme di
angosce,
pianti,
suppliche,
letti che cingono dolore,
gemiti,
preghiere
bestemmie. 
L’angelo triste  
plana silenzioso
su androni soffusi.

La chiesetta

Riconosco i rintocchi
dell’avemaria,
la campana
della mia chiesetta.

E’ l’ora del vespro,
un romanza suprema
intonata da
divini arcangeli
l’anima mia invitano.

Il secolare portale
è accostato,
entro,
tendo la mano
nella fredda pila.

Il profumo
impregnato di antico
mi invade,
passo dopo passo procedo
su selciato di marmo ingiallito,
eroso dal tempo.

Mi inginocchio
su logora panca.

Prego…
la serenità è padrona.

Autunno

Nel momento in cui scrollerete
i rami della pianta vedrete scendere
dondolando fronde morte.

Zuppe di brina,
ammucchiate dal vento,
avvertirete sommessi
pianti di anime meste,
propaggini rugose,
rinsecchite,
si elevano al cielo
moventi suppliche.

Uggioso autunno,
sulla tavolozza solo giallo e rosso
e colori i pallidi tralci della vite,
pitturi la selva e i campi,
ai margini del prato
spalliere di pruni
punteggiano grani scarlatti.

Le tue giornate mesti
i colli  ricoperti di foschia,
il silenzio triste della selva
ascoltano le campane della chiesetta
note ora tristi, or gioiose
che colmano l’animo mio
per il domani.

Occhi

Occhi colmi dei bagliori del sole,
sorgente di dolcezza
vibrazioni dell’estasi
allorquando tu eri felice.

Al crepuscolo del mattino una lode,
al calar del sole un’orazione,
nel momento in qui la volta celeste
splendeva di infinite fiammelle,
quando Morfeo ti cullava
era un grato riposo.

Adesso spenti sono gli occhi…
irradiati di luce,
adesso spenti sono gli occhi…
sorgente di dolcezza,
adesso occhi di bragia
senza più grato riposo.

Occhi avvolti da foschie angosciose
desideri di serenità.

Cippi

La nella selva osservo
le vostre chiome frondose
amici castagni,
decorazioni e abbondanza
della nostra terra.

Di voi ne sono amante,
osservo turbato i vostri sfregi
per l’infame incuria dell’uomo.

La scure vi abbatterà
e resteranno di voi rame spezzate
e ciocchi come lapidi
del nostro cimitero
sotto la selva.

Angosciante vedervi atterrati
come fanti in battaglia.

Allorquando risentirò il frusciare alato
scivolare fra le chiome frondose?

Pensieri

Seduto sotto il muretto
di pietre malferme,
di fronte il mare
verde delle selve.

Il nuovo venticello
di me scompiglia
le crespe fronde.

I pensieri strascinano
la mia anima lontano.

La natura fatata
rimuove le mie inquietudini,
e spegne la bragia 
che nell’intimo mi erode.

Ascolto

Un fruscio,
mi volto,
ma non ci sta nessuno.

lo avverto ancora
mi volto
e di nuovo niente.

Nella quiete assoluta
solo il mio batticuore.

Ascolto il silenzio…
un sussulto,
mi volto
e che scorgo?

La presenza
delle mie angosce.

Tetto grigio

Nella casa dal tetto grigio
io vivo,
al confine della selva fatata,
ascolto di nascosto
il suo silenzio,

Ad occhi chiusi riconosco:
il planar della poiana,
il chioccolio del merlo,
e il frusciar di fronde,
e in estasi io vivo.

Li schiudo gli occhi
e vedo i miei pensieri
correre fra le possenti piante.

Al limitar del bosco io vivo,
qui imprigiono il tempo,
qui inizia la vita.

L’ombra

Un giorno di sole
si mostrò,
ombrosa,
dinanzi
e dietro di me
ora lunga,
ora corta,
ora vicina,
ora lontana.

Finché luce viveva
mai scompariva,
mi offriva la mano
e mostrava la strada.

Adesso vive in me
l’ombra della mia esistenza.

Monotonia

Giunte sono giornate monotone,
col tempo grondante piogge
che ricolmano l’aria.

Ore e ore tutte uguali
non sanno,
di tramonti laceranti
dall’imbrunire svuotato.

Questo tempo recita
poesie di tristezza
e si cala mesto
in un sepolcro logoro.

Senza vita si affossa
in infinite notti.

Tempo oramai nemico,
fratello di un’età
che mi spaventa.

Quando nascerai

Diverrai custode
dei miei pensieri,
dove idee e sogni
si tessono,
creatura veemente
e ribelle.

Concepito nella superbia
del giorno,
coccolato dalle smanie,
dalle frenesie.

Diverrai cavaliere
dei miei istanti,
dove tramo fole e poesie,
al chiarore di giorni
tutti uguali,
sarai garante del confine
che delimita il creato.

Diverrai custode
dell’animo mio
sognatore e impaziente,
indulgente e triste
verso quella lacrima versata
nell’indifferenza del vento.

Un brano scritto
sul colmo d’un grembo.

E’ nato

E’ agosto, l’afa impera
sulle verdi selve,
si aprono le corolle
cinguetta il passero sul melo.

La novella vita
rifulge nella cullante zana
ride e diffonde
al cielo lieti vagiti.

Circondato è da paffuti cherubini,
e gli angeli fan festa
volando e suonando
le dorate trombe.

Coperto in telo di bianco lino
dice la madre al padre
in un commosso pianto
ecco il tuo amore
il tuo bambino.

Io e il Castagno

Come giovane castagno
ieri vissi,
attinsi fluente sostegno 
dal riarso fusto.

Dardi indorati
mi scaldarono,
il vento scosse
le mie fronde.

Tarda è la primavera
e dall’alto del mio scranno
oggi osservo,
il tenero germoglio
che incerto fiorisce
a nuova vita.

A cui con amor
io dono la nobile linfa

Se

Se il velato eco che si spinge
su per anfratti portasse
il canto dell’usignolo,
o il riflesso ultimo di un tramonto
d’argento affrescato,
forse unirei l’oggi al domani.

Ma farfalle confuse e vacillanti
adagiano nell’ombra incerti simulacri,
corpi vuoti e indeboliti,
è mesto o figli rinverdire vecchie angosce
e poesie gentili,
e mi sgomenta il buio
sempre più cupo della notte.

Ebbene, è questa la strada per il mio esilio?

Sono questi i maggesi per il grano e il farro?

Oh verdi alpeggi e prati di immobili fronde.

Sopra irte colline battute da folate fredde
si odono i gemiti confusi delle vigne.

Se il vento mi coccolasse,
disteso ondeggiando
tra evasi filari di ricordi,
le mani al celo in preghiera
contorni colmi
di brina e rovi.

La morte del colombo

Mai più ti fermerai
alla pettegola fonte
a dissetar l’esile ugola,
più ti poserai sul secco ramo
per riordinar le fragili piume. 

Adesso il corpo tuo ferito
esalta la polverosa terra,
più planerai su candidi prati,
più combatterai col vento
che ti erigeva alto.

Con l’armonia di piume te ne uscivi
dalla vigna  odoroso
di pampini e di mosto,
ora, prigioniero sei del tuo dolore,
passata è la tua ombra ultima
sopra l’amico fiume,
sopra la verde selva.

Al buio che consuma la tua passione
ai rotondi occhi di bragia accesa,
canti l’indifesa purezza
col dolore del tuo corpo
all’ennesimo crimine dell’uomo

Mia madre

Porti sopra di te,
o madre
il fardello delle stagioni.

Ne sei consapevole,
sul caro viso
marcate crespe,
riluce serenità.

Ultimate son  le primavere,
serena perché vincente
assenti tieni
affermazioni menzognere.

Vivi il giorno dei tuo figli
senza condanne
senza dolori
affettuoso è il tuo piglio.

All’infinito preghiere non vane
enunciavi:
Senza fine ai ripetuto
soavi parole
vogliatevi bene,
serbatevi il ricordo
che siete figli di Dio.

Ai nipoti

Gira la giostra gira,
con voi girar
su cavalli al vento
e stringervi al cuore vorrei
là, nella grande piazza.

Con voi vorrei girar,
ma, solo li tornerò,
il tempo inseguirò,
a ricercare di voi.

Galopperò su quel
cavallo al vento
vi cercherò inutilmente.

Gira giostra gira
intorno, fra luci doro,
fammi sentire l’allegre note
di una volta.

Gira giostra gira
solo per me
un breve momento.



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