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Le mie scritture

venerdì 8 aprile 2011

Poesie 11

Epigrafe    

Incideranno sulla mia  lapide, 
“era  un   grande  uomo”,
al contrario,  un modesto  essere.
Banali,  infinite  orazioni. 
Eccessive  armonie   di  petali,
una  rosa  a  velare 
una  goccia di pianto.
Bramai  il  canto  del    popolo, 
relazione  del  mio  simile,   
ripescando    l’apparenze   e  le  finzioni.
Inseguii    gioielli  celati  nella  parola,   
esaltai  lemmi  rinnegati.
Istanti   immortali  fra  bagliori 
e  tenebre  prive  di  sponde.
Dolermi  vorrei, 
Dolermi  vorrei, istanti,  attimi
nello sconfinato  avverso  oceano 
che  ci disgiunge.
Concedetemi  purificare   le membra
che   generarono   la  passione.
Al di là  giacerò nell’incavo   
per  me  disposto.
La  zolla  ghermisce  di  me quello 
che  non è in grado di  risorgere,
esalando  quello  che  non  deve  perire.

Commiato

Rasserenante,
fuggevole,   
complice l’ultima  creatura, 
misterioso tormento
dell’essenza ti   mutò,
Pervenuto  all’erta  cima scorgesti                         
 l’estremo   simulacro, 
lugubre approdo,  
dove  ti  aspettava  il  trapasso .
La ti lasciasti guidare,
miserevole, 
fatuo,
perché  onesto.
Arido  abbandono ti  piegava,   
più  sovrastante  è  al   rupe  
più  immenso  è  il  vuoto.   
Visioni  della  notte, 
meretrici  tenebre  concesse  al destino, 
dall’elevata  vetta  non  declini  
ed io  mi  innalzo .  
La ragione,  
linea estrema a  naturali  spiritualità  
possa  accogliere  la  morte.

Cavalli

Corre a briglia sciolta,
veemenza  di  frangenti  schiumosi, 
appaiono  con  ispide   fronde
a luccicar  di  arti.
Soldati a cavallo  e destrieri furenti
scagliati  nella  brezza   del  mare  flettono
le soffici  sponde  ,
flettono  i  crini 
sommergono  nei  marosi.                       
Linea  di   marmorei  flutti  nel  profondo 
dove  l’acqua  li  preme. 
Balzando   tra   un   diadema 
di   fiotti  evaporanti  di sale,  
esaltanti  di  calore 
galoppi    raccolti,
 violenti.
Sottile  sabbia,   
percorrono  i  selvatici  cavalli, 
si diffonde  la  furia  degli  zoccoli
che, 
calpestano,
calpestano,
calpestano.

Bramerei

In  ricordo di ………….
Bramerei consacrare il suo nome
ad  una stella errante 
cosi radiante da lacerar le notti .
Bramerei dar voce ai taciti  
e venerar il pianto suo,  
guarir i deformi 
per lodar l’inceder proprio.
Bramerei ciascuna goccia di pianto 
mutar in serenità,   
estrarre terra per costruire pozzi  
e dare vita a lande aride  
in ricordo di ……….
Bramerei la pietra mutare in diamanti  
per  scorgere il barlume delle sue pupille
e arar giardini di fiori.
L’affetto.   
Istante per istante.
Adesso creature nel ricordo, 
alla maniera del passato
in ricordi  di…….
Il  passato ha  necessità del  prestigio
come il dramma 
o la commedia.
Se assente il  prestigio 
è  la dipartita che prevale
lo spirito per cui l’amore è spirito.

Passano  gli  anni     

La   chioma    incanutita.
Riuscire ad essere   padre   non  è  banale.
Ostinata, convulsa,  
mi  plagia  l’età.
molte  volte  ho  dimentico,
tuttavia  ero  sereno,
sicuro  di  ritrovarmi  nel  luogo   segnato.
Leggiadro  figlio ,
membra  della  mia  membra,
perla  della mia   passione ,  
della   mia ispirazione, 
cosa  ti  affascina   implorando  una  novella?
Per caso  a   quei trascorsi  
notturni eccessivamente  remoti? 
La  voce  non   ne  era  valente?
Ed  ora   uomo   di  mezza  età   avrò 
l’abilità di  sussurrarti la  fiaba  nella  fiaba ?
L’intelletto  la  sensibilità  si mostreranno   
abili  di  ascoltare  l’amore  che  esuberante 
è  scivolato  senza indugio?
L’infinita  confusione dell’esistenza 
fluisce  celermente,
senza tregua si inoltra
senza  girarsi
e  se lo  fa quanti  tormenti,
quante frasi   taciute,
quante  non  mormorate   
che  lo  spirito  mio  lancinante   strillava.

Paure

Da un falò soffocato,  
si rovesciava la cenere
di  un ceppo,  
allorché capii  
di  dovermi sbarazzare
delle angosce,
al di là del fosso.

Disperdere l’oppressione
da infide notizie imposte, 
per non opprimere
di sogni angosciosi
la serenità del rifugio notturno.  

La pigrizia è un privilegio,
già si paventa lo smarrimento,  
ampliarsi di abbandoni,
già si percepisce la morte.

Reperire nella vita i sui agi.

Intime deformabilità,  
un cantone nel barlume, 
luogo che  nasconda   
il mio esilio.

Lontano

Vele tronfie,
vento di maestro 
che non inseguo
nel calar del sole, 
di vampa sbiadisce il mare 
su ricami di posidonie
fluttuanti in abbandono.
Naviganti per intense stagioni
fra calotte di ghiaccio,  
nostalgia lontana,    
più volte fingiamo
di non capire
come angeli  bugiardi.  
Ingiuriato il tempo 
per disegnar le stelle,   
che congiungono
l’ombre delle montagne   
a evanescenti pastelli,  
da ponente la dove il flusso  
racchiude immersi,   
umidi alvei inondati d’aironi.

Vorrei volare

Offrite mi   di  volare, 
offrite mi   il  volare  di  quella  rondine 
che  lieta balzella sulla  cornice del tetto.
Sono  esausto  del  mio giaciglio 
voglio   spiccare il volo,
librarmi,
essere  sovrano.
Potessi   al  biancheggiare  staccare 
per   l’ascesa,  puntare  senza indugio 
su  innevati  picchi  e arare  il  firmamento.
Con i passeri cinguettando  volteggerei  
fra  maestose    querce,
tra  dimore  antiche,
nel  verde  pascolo  e la  fresca  selva.
Fossero in grado  i  miei  arti vestire 
le  ali   di  una  creatura alata,
vivrei  la  in quel luogo   
dove   il  querceto è  ombroso.
Affusolati  steli   mossi  dalla   brezza  , 
dalle  selve  farei   veleggiare  un  concerto,
un  concerto  e ancora   un  concerto.
Ho furia  di  indossare  le  ali 
e di essere   redento.
La  poesia    lenisce    i  tormenti 
dell’anima  vagabonda.


Impavidi

Esseri umani   impavidi,  
hanno  il  coraggio   di  recuperare, 
altri  si  barricano       
nell’intimo singhiozzano.
Bassi  salici  mi dicono:  
Perdona.
Minute  margherite  mi  chiedono:
Perdona.
Splendide corolle  chiedono:
Perdona.
Contorti  tralci di vite chiedono: 
Perdona.
Ingannevoli   invocazioni  per  indurre
la  mia  compassione ad  accettare.
Per niente  un  grido  : 
Perdona, 
Perdona.

Forziere

Sono volato  alto  in cielo 
riflettendo  sul  trascorso  mio,
su  i  momenti  in  cui  vagheggiavo.

Ma  il  tempo  è  tiranno  
rari    gli    attimi  per   amare.

Nella  tenebre   più  fosche 
non ho  più  il  mio  angelo ,   
permaso unicamente  il  profumo.

Presto    aprirò  il  forziere  dei  desideri    
lo  ridurrò in cenere 
all’emanare  dei   venti  del  nord.  

Somma  prudenza   vagabondare  innanzi   
non  dolersi  del  giorno consumato.
   
Deliri

Mentre   stacchi 
per un  meritato  riposo, 
ti  osservo.
Cerco  di   introdurmi nei  meandri 
dei  tuoi  pensieri, 
in  un  percorso per me impervio    
di  profondi  antri.
Vedo   ansie,   
assilli  mai  assopiti,
vecchie  angosce,
alcune  vissute  insieme  ma  mai  lenite.
Crudele  prosegui  nel  farti  dolore,
incapace  di  ragione.
Quasi  mi  perdo
in  questo  tuo  universo   cupo.
Ma  amore  svegliati,
vedrai, 
terminato  è  l’uragano
il  sole  fa  capolino all’orizzonte.   

 

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