Istrione
Finita la commedia del commiato
intraprendo il mio viaggio,
con serenità e armonia mi incammino
tra rughe sconosciute.
Poeta…sognatore…istrione.
Oppresso dalla mia impudenza
ho mesciuto amore e perfidia,
ho mischiato l’empireo con l’inferi
ho osato riscoprire il Divino.
Con le membra percosse
ho visto verdeggianti selve
battute da venti di inquieti
ho elargito letizia e sofferenza
sgomento e allegria.
Purpurea è la sfumatura della passione,
viola quella della morte,
I miei esseri superiori di un tempo
dimorano nelle nostalgie.
La bragia ardente in un corpo diaccio,
il vento primaverile in gelida tormenta
il mio solito piacere in continuo stento.
Scempio
Limo e melma avvolgono
Il canto delle fredde sorgenti
che solcano monti e valli.
Voci tronche e fievoli
vagando qua e là portano lontano la speranza,
nella memoria confusa intravedo
il tempo che scorre.
Qualcuno mi dica cosa è che no và,
cosa mi sfugge.
Cosa si cela nel domani
lo scempio del genere umano?
Si udiranno lamenti o spaventosi fragori?
Forse nella calma della notte.
Io esprimerò ogni sera il mio pensiero
che dolente celo nel mio quaderno,
dentro il corpo l’amaro furore
l’esile ardimento saldo all’immaginazione.
Con il corpo resosi carcame
l’intelletto continua a pensare
a ciò che non riesce a scrivere.
Cinquantenne
Il proseguire del quotidiano..
i miei cinquanta vecchi passi..
il vagare fra annotazioni e prose..
la passione per la montagna..
il durevole immobilismo..
Bramo non vedere più.
Il lento declinar della vita..
il tempo mio solo sostegno..
l’esistenza che ho vanificato..
i momenti fuggiti senza capire che tutto è passato..
Bramo non vedere più.
Un chioma di capelli ingrigiti..
con gli occhi di vampa doloranti..
la foga del vento..
che giunge dalle caverne della tribolazione..
la dove si fugge per eludere l’angosce future..
Bramo non vedere più.
Lo sciogliere delle nevi perenni..
il terrore e l’offesa..
la forza e il tempo..
la zavorra dei sentimenti..
il grave fardello delle aspirazioni..
per questo non bramo più vedere.
Se non per condurre un’esistenza da sempre amata.
Un dì
Giungerai un dì,
di nascosto mi avvolgerai le spalle
col tuo mantello di diaccio.
Inattesa.
Altrimenti già avrò di te sentore
in un’angoscia irreparabile,
al tuo cospetto mi incamminerò
per le torbe sponde.
Caronte con gli occhi spenti
immobile si mostrerà a prora della sua barca
il mio viaggio è presto terminato.
Ma rimarrà.
Ciò che è terreno lascerò.
Le mie montagne, le nevi perenni,
la mia famiglia che intensamente ho amato,
i progetti e gli episodi di ogni giorno
gli scritti indelebili
che mi hanno prestato compagnia.
Eppure il bieco tendere della fine
con l’aspro pianto guarirà il tempo,
Ma non potrà dissipar l’eterno amore.
E il sogno di vedere un dì lontano
la mia diletta sulle torbe sponde.
Esaltazione
Oh sublime
Tu di dolcezza fai perdere
la ragione al cuore,
fantasticare cieli azzurri
se guardo il volto tuo.
Oh vermiglio fiore
nell’istante in cui sbocciasti
su per le vette eterne,
fiorì la primavera,
in paradiso frotte di angeli
innalzarono melodiose lodi.
In silenzio rimani non c'è favella
unica è la grazia tua,
recitar non posso il piacer che di te mi spoglia,
ascolto dischiudersi le rose.
Nella tavolozza di un pittore ritrovo
le labbra, gli occhi, la grazia tua
l’immane abbaglio di te mi ha stregato.
Come un Dio immortale ora mi sento
cielo e terra in un turbinio di petali ravviso
tu sublime mi hai reso così grande.
Di si cortese grazia
Tu divina con ispirazione
doni follia al cuore mio.
Io immobile avanzo in tuo cospetto
recitando le mie prose a così tanta armonia.
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