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Le mie scritture

venerdì 8 aprile 2011

Poesie 17

Istrione

Finita la commedia del commiato

intraprendo il mio viaggio,

con serenità e armonia mi incammino

tra rughe sconosciute.

Poeta…sognatore…istrione.

Oppresso dalla mia impudenza

ho mesciuto amore  e perfidia,

ho mischiato l’empireo con l’inferi

ho osato riscoprire il Divino.

Con le membra percosse

ho visto verdeggianti selve

battute da venti di inquieti

ho elargito letizia e sofferenza

sgomento e allegria.

Purpurea è la sfumatura della passione,

viola  quella della morte,

I miei esseri superiori di un tempo

dimorano nelle nostalgie.

La bragia ardente in un corpo diaccio,

il vento primaverile in gelida tormenta

il mio solito piacere in continuo stento.

Scempio

Limo e melma avvolgono

Il canto delle fredde sorgenti

che solcano monti e valli.

Voci tronche e fievoli

vagando qua e là portano lontano la speranza,

nella memoria confusa intravedo

 il tempo che scorre.

Qualcuno  mi dica cosa è che no và,

cosa mi sfugge.

Cosa si cela nel domani

lo scempio del genere umano? 

Si udiranno lamenti o spaventosi fragori?

Forse nella calma della notte.

Io esprimerò  ogni sera il mio pensiero

che dolente celo nel mio quaderno,

dentro il corpo l’amaro furore

l’esile ardimento saldo all’immaginazione.

Con il corpo resosi carcame

l’intelletto continua a pensare

a ciò che non riesce a scrivere.

Cinquantenne

Il proseguire del quotidiano..

i miei cinquanta  vecchi passi..

il vagare fra annotazioni e prose.. 

la passione per la  montagna..

il durevole immobilismo..

Bramo non vedere più.

Il lento declinar  della vita..

il tempo mio solo sostegno..

l’esistenza che ho vanificato..

i momenti fuggiti senza capire che tutto è passato..

Bramo non vedere più.

Un chioma di capelli ingrigiti.. 

con gli occhi di vampa  doloranti..

la foga del vento..

che giunge dalle caverne della tribolazione..

la dove si fugge per eludere l’angosce future..

Bramo non vedere più.

Lo sciogliere delle nevi perenni..

il terrore e  l’offesa..

la forza e il tempo..

la zavorra dei sentimenti..

il grave fardello  delle aspirazioni..

per questo non bramo più vedere.

Se non per condurre un’esistenza da sempre amata.

Un dì

Giungerai un dì,

di nascosto mi  avvolgerai le spalle

col tuo mantello di diaccio.

Inattesa.

Altrimenti  già avrò di te sentore

in un’angoscia  irreparabile,

al tuo cospetto  mi incamminerò

per le torbe sponde.

Caronte con gli occhi spenti

immobile si mostrerà a prora della sua barca

il mio viaggio è presto terminato.

Ma rimarrà.

Ciò che è terreno lascerò.

Le mie montagne, le nevi perenni,

la mia famiglia  che intensamente ho amato,

i progetti e gli episodi di ogni giorno

gli scritti indelebili

che mi hanno prestato compagnia.

Eppure il bieco tendere  della fine

con l’aspro pianto guarirà il tempo,

Ma non potrà dissipar l’eterno amore.

E il sogno di vedere un dì lontano

la mia diletta  sulle torbe sponde.


Esaltazione

Oh sublime
Tu di dolcezza fai  perdere
la ragione al cuore,
fantasticare cieli azzurri
se guardo il volto tuo.
Oh vermiglio fiore
nell’istante in cui sbocciasti
su per le vette eterne,
fiorì la primavera,
in paradiso frotte di angeli
innalzarono  melodiose lodi.
In silenzio rimani non c'è favella
unica è la grazia tua,
recitar non posso il piacer che di te mi spoglia,
ascolto dischiudersi le rose.
Nella tavolozza di un pittore ritrovo
le labbra,  gli occhi, la grazia tua
l’immane abbaglio di te mi ha stregato.
Come un Dio immortale ora mi sento
cielo e terra in un turbinio di petali ravviso
tu sublime mi hai reso così grande.
Di si cortese grazia
Tu divina con ispirazione 
doni follia al cuore mio.
Io immobile avanzo in tuo cospetto
recitando le mie prose a così tanta armonia.

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