Un saluto

Metti un saluto

A te che leggi questo blog, di passaggio o con quotidianità, a te che credi o anche no, scrivi "un qualcosa" nei commenti, per esempio: il tuo nome o nickname, dove vivi, l'età, una frase, un saluto o quello che preferisci...

Esprimiti con un "messaggio"...

Un modo come un altro per interagire, per mandare un segnale, per dire "io ci sono"...

Il ringraziamento è anticipata Un saluto.

Foto

Foto
Le mie scritture

venerdì 8 aprile 2011

Poesie 16

Sarai padrone

Sei la mia pena,
non dovrei ritenerti
un cane ramingo,
che si è avvicinato
al mio all’uscio
a mendicare cibo,
un osso scarnito.

Avrò fiducia in te.

Ti inviterò nella mia dimora
avrai un posto tuo,
una vecchia coperta per letto,
una scodella per bere.

Oramai è un po’ che indugi
sotto il mio portico.

Già assapori il tuo riposto 
vicino al camino
prima che il freddo infuri.

Ti darò un nome.

Sarai il padrone,
farai la guardia,

Avrai il privilegio,
di ritenere
tua la mia dimora,
io  il tuo servo,
tu  il mio compagno.

Paure di poeta

IL cielo urla
alla terra fredda
il diffuso caos
del primordiale chiarore.

Rileggo  il lavoro
dell’insonne nottata,
scritti fugaci su minuzzoli di carta
nell’attesa del primo crepuscolo.

Non bramo altra verbosità,
null’altro della mia elegia immorale
e delle smanie nostalgiche. 

Degli istanti che parodiavano
boscaglie e maggesi,
vigne e orti coltivati.

Ignaro e impagabile rispetto 
al momento non credibile.

Ispirarsi a angusti dirupati
dove nessuno andrà a osservare
la volgare varietà  silvestre 
allorché fiorente.

Le tenebre

Le tenebre sono
le privazione delle forme
le tenebre non sono simulacri,
un calvario in cui
rappresenti il Redentore
tu che sei un’infedele.

Le tenebre non si possono osservare
spiega ciò le tue credenze.

Appaiono come
la sudicia concordia del peccato.

Le tenebre sono la violenza. 

Non oziare su uno scalino ancora tiepido,
non esiste il sole.

Cantori  ostinati,
le tenebre non sono pensieri
un cuore che pulsa fa scappare un urlo
un urlo  è la speranza.

Le tenebre, le falene,
dove la luce si consuma.

Giornata d’autunno

Rasserena: 
campi arati nella
polvere sterile
levigati dal vento d’inverno.

Un prodigio ammirare
le pietraie
sempre più grezze,
instabili,
primordi del pianeta,
protetti da un tenue
cipria di neve.

Fumo : anime perse 
vagano sulle sponde
alla volta di pioppi  spogli.

Celo il volto da una espressione
vergata di pianto,

Stormi di rondini 
migranti a mezzogiorno,
l’erba china al volere del vento.

Scalpitio di destrieri
laddove le giumente 
pigramente pascolano.

Dalla finestra

La notte è giunta
con tuoni e lampi,
la senile inquietudine
trasvola lontano.

Per l’intera nottata gli scrosci
sono caduti incessanti sul tetto.

Apro la finestra
per abbracciare la nera,
alla maniera di una farfalla
adagiata nel soffice bozzolo.

Con l’aria tersa giungono odori amati,
il pane appena sfornato,
il profumo delle mele cotogne,
dalla cantina il rumore
del tino che bolle.

Dalla strada frammentata da pozze
il cigolio di un  barroccio.

Volgo lo guardo,
in questo modo scorgo un gatto
che salta qua e là
nel prato bagnato.

Inno

Bramerei morir
in un livido giorno di spesse brume,
avvolto in un tenue lenzuolo di lino.

Mi celerò dissolvendo
nell’indifferenza vissuta,
ammantato dal candido drappo
enuncerò dolenti preghiere d’amore.

Le fredde  favelle si caleranno
tra raggelate stille
colmando anfore di turbini.

Sordi sarete,
perduti a  seguire
tumefatte inquietudini,

Avviluppato nel tenue lino ,
avrò pace nel diaccio cataletto,
enunciando acri preghiere.

Illusioni  pregresse
nel riposo perenne della brezza
gradirei si sperdessero
in evanescenti chimere.

Vagando,
libere di volare sopra ondose acque,
oltre le amate montagne
per trovarti di nuovo,
per amarti ancora. 

Il viaggio

Mio signore,
dove ci dirigiamo?
Che ordini ci dai?
quale sarà il nostro destino?

Attraverseremo la palude di ghiaccio,
dove le anime
nell’oblio del limbo
vagano erranti piangendo.

Attraverseremo i monti,
dove falde antiche di neve
sopra  i cuspidi giacciono.

Correndo nelle selve ombrose
ritroveremo la primavera della vita,
con padri i maestosi castagni,
per madri limpidi laghetti,
per fratelli gli animali silvestri.

Giunti al paese degli elfi
saremo nella terra di nessuno,
dove dimorano esseri demoniaci,
buoni e malvagi,
cantori e ballerini.

L’oltre

Nessuno ritorna da l’oltre,
nessuno che possa dirci
a cosa è simile,
possa dirci cosa si ha bisogno
per placare i nostri cuori,
fino al momento in cui anche
noi andremo la
dove loro ci hanno preceduto.

Perciò  sii felice ,
segui il tuo destino finche vivi,
versa la mirra su i tuoi capelli.

Vestito di lino trasparente , 
ascolta i venti del nord ,
seduto su i gradini della chiesa.

Fai ciò che desideri sulla terra 
e non servirti del tuo cuore 
finche non venga il giorno del lamento.

Nel paese del silenzio ,
non si ode il pianto.
Suvvia rendi felice questo giorno,
non lasciarti prendere dall’ansie.

Nessuno porta via con se  i sui beni,
nessuno
vedi ritorna
di coloro che sono partiti.

Acqua

Dopo tanto vagabondare
vidi un angelo
che scendeva dal cielo
mostrava le chiavi dell’abisso
e una croce in mano.

A lui confidai le mi suppliche: 
l’acqua  che la terra dona 
a ognuno,
che su di me dimora
è acqua putrida e morta.

Nere sorgenti in fronte a chi
sulla terra giace ,
la mia acqua
non è che liquido marciume.

Io non so quanto ho camminato
da quando sono giunto
in questa valle funebre.     

Datemi acqua da bere ,
cosicché la brezza mi carezzi 
e il cuore venga saziato
e confortato del suo dolore.

Giusta via

Arrivato al piana della selva
scorgerai una sorgente 
e vicino un imperioso cipresso .

Lungi rimani da quella sorgente mortale
altra acqua troverai,
acqua fresca nata da nevi perenni
il sentiero sale a destra del cipresso.

Io ho sete ,
io muoio alla mia sorgente.

Ma chi sei tu ?
da dove giungi?

Io vengo dalla terra
e dal cielo stellato.

Cammina fratello
per le vie del tuo cuore
e segui lo sguardo dei tuoi occhi.

Andiamo nel prato fiorito
di abbondati rose,
cantando e suonando
alla nostra maniera,
il più bel coro che i beati destini
ci hanno insegnato
per noi soli risplende il sole, 
la luce gioiosa.

La spada

Oh vissuto stagioni
lacerati dal tormento
ma adesso o Signore 
nella mia vita
ti sei alloggiato
con la tua preghiera di fede.

Stupenda è la tua daga.

Ho impugnato il tu dono 
prodigioso e nobile
perché io possa
lottare e trionfare .

Stupenda è la tua daga.

Tagliente, finemente cesellata
con abilità  costellata di pietre preziose.

Hai preso possesso di me
col la tua carità.
la stagione dei fiori è iniziata,
la fragranza dell’ottimismo risorge.

Stringo l’elsa,
della lama affilata
allorché sia in grado
di aggredire,
sfidare, 
prevalere.

Bolognana  ( infanzia )

Silente paesello ,
appeso tra il monte e il fiume
sereno come la selva,
tramite te sorge l'ardire delle mie prose.
Protettivo e mite,
feudo dei miei adolescenti passatempi
ti presenti nello svolazzare delle fronde,
e dalle rughe serenate di folletti e gnomi .
Offuscate memorie incise su pietre e cantoni, 
si sottomisero ai miei baccani, 
alle sirene degli affanni.
Nel frusciare di Eolo privo di dimora,
un sogno di ragazzo,
memorie di intime emozioni,
amici saldi nell’affetto
laddove  la primavera fioriva,
l’aurora è un vago concetto dell’incedere.
Ora soffocato da tristi pene
con occhiata furtiva mi rivedo giovinetto.
Tranquillo paesello,
a te pongo le brume del crepuscolo
e le lusinghe dei giorni.

Il noce abbattuto

Possente noce
alla maniera di un fiero guerriero
nell’ora del vespro sei crollato
chinando la chioma.
Non fu l’affilata scure
ma il virile turbine
a svellere la tua grandezza
maestoso fusto umiliato in un istante.
Nell’orto una tristezza diffusa
l’ermo prode è abbattuto
passeranno primavere 
ma non per lui.
Non più
fruscianti farfalle,
giocondi ricoveri di uccelli,
lambite frasche da soffici piume, 
infinità di api
sciamanti fra i rami.
Stille di ragia sui filamenti spezzati ,
la chioma  assopita fra fiori di campo.
Maestoso noce
pervaso di tanta nobiltà,
da fiero guerriero sei crollato al tramonto.
La brezza ora sussurra la tua prosa.
ma tu non ascolti la sua poesia.

Ti ricordo

Gira e rigira dalla clessidra
fuggono i giorni come fronde.
Stanotte la nostalgia si cela in un  sudario
con gli occhi di bragia perduti nel vuoto.
Stretto nello scrigno del mio seno
soave ti sento,
mi sei dolce come il planare
di spiriti celesti.
Fugace il dì al bivio della vita,
il calar del sole oscurò il tuo cielo 
la tua stagione ancora intensa
percossa dal flagello oscuro
un lampo distrusse un vita assolata.
Colma è l’anfora del ricordo
non si spegne il sospiro
il tuo effluvio padre,
germogliano i fiori,
per ciascuno bocciolo un bacio ti invio.
Con le tue forti braccia accarezzavi il mio cuore
custodivi le mie speranze di figlio.
Illusorio pensiero,
mi lusingo di riaverti accanto
dopo un cammino
su una stradada di selce
senza meta.

Frutic
Tra fronde marcite e rame tronche
la vita si accaglia in linfa e nettare,
nascenti frutici  partoriti
nel bosco d’inquietudine
rafforzati dalla  madre terra.
Sarò dotto di capire
in che modo il soverchio
amore di me stesso
sboccia e soccombe,
in accordo allo sbigotto
e alla vaghezza sviluppate.
In aspettazione di cogliere il mistero,
della vita… la morte… la poesia,
l’immenso senza luce.
Non piangete frutici partoriti  dalla mente,
immensa è l’energia che sgorgate 
immenso è il tono dei colori che diffonde.
Prosperate frutici partorite nella mente,
incoraggiato dalla vostra crescita
capirò come rendermi sereno.

Nessun commento:

Posta un commento