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sabato 9 aprile 2011

Novelle 4

Gosto e Cleofe

Forse questo potrà sembrarvi una storia di altri tempi, ma non è così:
Tutto ha inizio in un giorno di primavera in una bella palazzina molto carina  al centro di un  grande giardino alla periferia di Lucca.
Nella casetta abitano i signori Poli , due giovani sposi che molto si amano e proprio in quel tempo avvenne loro il lieto evento , la signora Claretta mise alla luce un grazioso bambino a cui fu dato il nome di Filippo.
Venuto il giorno del battesimo, la casa fu adornata per accogliere i parenti e gli amici e ci fu per l’occasione un succulento banchetto, dove i convenuti poterono festeggiare il nuovo nascituro della famiglia Poli.
Già al tempo dell’arrivo in casa del piccolo i genitori  assunsero una persona di fiducia che lo  accudisse, la tata  si chiamava con un nome piuttosto strano ma carino, Clotilde.
Per alcuni mesi la vita nella casa scivolò con andamento normale.
La tata si occupava del piccolo Filippo che cresceva con grande vitalitàe i genitori ne erano orgogliosi e felici.
Purtroppo una mattina d’estate la tata Clotilde entra tutta affannata nella camera dei signori Poli e con le mani nei capelli e balbettando urla che il piccolo non è più nella culla dove  lo aveva lasciato addormentato e certamente lo avevano rapito.
L’impresa di questo crimine era stata resa possibile perche la finestra della cameretta del piccolino, essendo nottate calde veniva lasciata socchiusa per far entrare un po’ di frescura.
A quel punto i genitori avvisarono dell’accaduto i carabinieri  e poi si misero sulle poche tracce che avevano per riportare a casa il figlio.
I delinquenti che avevano rapito il piccolo erano un uomo e una donna, erano entrati nottetempo nel giardino girando intorno alla casa e fu un gioco da ragazzi, entrare
 nella cameretta che aveva la finestra aperta, prendere il piccolo che dormiva, avvolgerlo in una copertina e portarlo via.
Giunti all’auto che avevano lasciato nelle vicinanze erano partiti di gran carriera mettendo tantissimi chilometri tra il bambino e i genitori finche non giunsero nei pressi di una povera casa fra i monti dell’alta Garfagnana.
Scesi dall’auto posarono il grosso scatolone con dentro il bambino davanti alla porta. La mattina presto il padrone di casa uscendo quasi ci inciampò  e non si rendeva conto cosa poteva esserci dentro, si attaccò al campanello che gli rimaneva vicino per attirare l’attenzione della moglie che si trovava ancora a letto. Esterrefatta e ancora assonnata giunse nei pressi della soglia, dove il marito ancora stava pigiando il campanello.
Nell’umile casa abitava marito e moglie. Lui si chiamava Gosto lei Cleofe: non erano certamente dei benestanti ansi la miseria era tanta e lei si portava dietro da tanto tempo una grave malattia. Il padrone di casa lavorava nei campi e teneva pulito un pezzo di selva dove o ottobre raccoglieva le castagne.
Ripresisi del fatto e incuriositi aprirono il pacco e dentro trovarono il piccolo che ancora dormiva. Attaccato al cartone c’era un foglio con tutte le istruzioni del caso. La donna lo prese e con  mani tremanti lo lesse. Diceva che il piccolo si chiamava Filippo e che lo dovevano accudire come fosse stato figlio loro, di non dire niente a nessuno altrimenti gliel’avrebbero fatta pagare cara. Se qualcuno chiedeva come mai quel piccolo si trovava con loro dovevano inventare la scusa che era un nipote, figlio di una loro sorella.
I due sbigottiti si guardarono e la moglie disse subito che dovevano avvisare per lo meno il parroco del paese. Il marito un po’ per la paura delle minacce scritte sul foglietto e un po’ perche aveva sempre desiderato un figlio che la moglie non gli aveva potuto dare, decise di tenerlo.
Trascorsero diversi mesi e il bambino cresceva che era una  meraviglia anche se veniva nutrito con quello che potevano, il latte munto dalla Bettina, la mucca che avevano nella stalla , mele grattate che trovavano nell’orto.
Una gelida mattina di dicembre la famigliola si trovava davanti al focolare per godere di un po’ del calore delle legna accese. Il padre e la madre seduti nelle panche laterali del caminetto e il piccolino che dormiva al calduccio davanti al fuoco dentro una culla di vimini costruita appositamente per lui dal padre Gosto.
All’improvviso la stanza fu invasa dal suono del campanello, Gosto andò ad aprire col terrore che provava ogni volta che qualcuno si avvicinava alla sua casa, la paura di dover spigare a qualcuno chi era quel piccolino che avevano in casa.
Aperta la porta, con meraviglia vide che era il postino per la consegna di un telegramma.
Dopo i saluti e i convenevoli Gosto richiuse la porta e si mise a leggere il telegramma in cui c’era  scritto che il suo unico fratello che abitava in America era morto e che lui era l’unico erede del cospicuo patrimonio che l’uomo aveva accumulato nel tempo.
Gosto e la Cleofe capirono subito che la notizia era molto brutta, come la perdita di una persona cara ma nei loro pensieri balenava la possibilità di una nuova vita, molto diversa da quella che facevano adesso.
Tutti e due rimasero in silenzio poi Gosto iniziò a sussurrare alcune parole, prima volle esternare il suo dispiacere poi prese la moglie fra le braccia e disse che se avesse accettato l’eredità, lei si poteva curare quella malattia che da anni si portava dietro, il bambino poteva crescere nella maniera che tutti i bambini debbono desiderare, e lui avrebbe smesso di lavorare e avrebbe gestito il patrimonio che il fratello gli aveva lasciato.
E così accadde. Uno per volta, per non lasciare il bambino solo, andarono dal parroco e dagli amici per i saluti e raccontare quello che andavano a fare in America naturalmente senza mai far cenno al bambino.
Giunti in quel paese lontano le cose iniziarono ad andare veramente come avevano sperato, la Cleofe grazie alle cure migliorò la salute, il piccolo cresceva sempre di più e Gosto dalla casa che un tempo era di suo fratello sbrigava gli affari del suo patrimonio.
Nel frattempo, erano trascorsi due anni dal rapimento del piccolo Filippo e nella bella casetta alla periferia di Lucca la vita quotidiana era ripresa quasi normalmente. Dopo estenuanti e vane  ricerche del bambino, la signora Poli desiderò dare alla luce un altro bel piccolo, ma per ironia della sorte una nuova disgrazia piombò su quella famiglia.
Il piccolo che venne chiamato Andrea. Alla nascita godeva di tanta salute ma all’improvviso per cause sconosciute si ammalò, vane furono tutte le cure, anche quelle più costose e cosi più cresceva e più si invalidava al tal punto da dover trascorrere i suoi giorni su una carrozzina o a letto.
Tutta altra  cosa per Filippo che insieme alla mamma Cleofe e papà Gosto in quella casa lontana trascorreva giornate bellissime colme di serenità e allegria.
Però, purtroppo il destino molto spesso è crudele, così un brutto giorno il male che aveva tormentato la Cleofe negli anni che aveva vissuto in Garfagnana si rifece vivo e nonostante le cure e l’amore di Gosto e di Filippo piano piano si spense e salì in paradiso.
I due rimasero soli in quella bella casa.
Negli anni a venire il bambino cresceva e iniziò a frequentare la scuola con molto profitto. Per Gosto era veramente un orgoglio avere un figlio così bravo e non perdeva occasione di ringraziare il Signore per il grande dono che quel giorno d’estate gli fece trovare in quel grosso scatolone sui gradini di casa.
Intanto la storia ha un seguito e il caso volle che il parroco amico della famiglia Poli  trovasse nella cassetta della posta una strana lettera.
A spedirgliela fu proprio la donna che un giorno oramai tanto lontano aveva progettato insieme al marito  il rapimento del piccolo Filippo. Giunta che era agli ultimi istanti di vita volle liberarsi la coscienza  del grave peccato che aveva commesso.
I due in tempi lontani  erano amici della famiglia Poli ma la gelosia, l’invidia  per la bella casa , per il tenore di vita per il bel bambino li logorava e non sapendo come far del male progettarono questo rapimento. Nel frattempo il marito era morto e lei essendo all’ultimo volle scrivere questa lettera come testamento per sollevare i rimorsi che da sempre l’attanagliavano.
Nella missiva raccontava tutti i particolari dell’insano gesto, come fecero a rapire il
bambino,dove lo portarono, a chi lo consegnarono e avendo seguito le vicissitudini del piccolo nei primi tempi raccontò anche il particolare più importante; cioè dove si trovava in quel momento.
Il parroco non mise tempo in mezzo e d’accordo con il sig.Poli  partì alla volta dell’America per raggiungere l’ormai gia cresciuto Filippo. Dopo alcune ricerche e assicurazioni del caso il parroco si presentò alla casa di Gosto che non rimase meravigliato del fatto, visto che per tanti anni si era aspettato una visita del genere.
Per Filippo la cosa sembrava assurda e non gli interessava niente dei genitori di Lucca visto che amava con tutto il cuore  il padre che l’aveva cresciuto, e la povera mamma che ormai non cera più. Gosto era nato si sulle montagne, ma aveva un cuore grande, chiamò vicino a se il figlio e gli raccontò la storia della sua venuta nella sua casa.
Al ragazzo propose di tornare in Italia visto che  non avevano più interesse di rimanere in quei luoghi da quando la mamma Cleofe era morta, così avrebbe potuto conoscere i veri genitori che da piccolo lo avevano tanto desiderato.
Filippo che era un ragazzo intelligente per  accontentare il  padre e un po’ incuriosito accettò la proposta. Una volta giunti alla casa di Lucca e fu presentato ai legittimi genitori la cosa non lo scompose più di tanto. Per lui il padre e la madre erano stati Gosto e la Cleofe, lo avevano cresciuto quando erano poveri in quella casa della Garfagnana e gli avevano dato il benessere nella casa ereditata dallo zio.
In quell’istante nella stanza apparve  Andrea seduto su una carrozzina  spinta dall’amorevole tata Clotilde. Il ragazzo la prima cosa che disse fu: oh finalmente conosco mio fratello. A quelle parole Filippo rimase folgorato e colto di sorpresa
si scurì in volto, meravigliato da tali affermazione da un ragazzo che non aveva mai conosciuto.
Improvvisamente capì e  iniziarono a scendergli due grossi lacrimosi, poi titubante si avvicinò alla carrozzina e abbracciò il fratello.
Riunitosi alla vera famiglia Filippo aiutò molto il fratello convincendolo addirittura  a farsi operare e a guarire in fretta cosi da poter giocare in quel grande giardino intorno alla casa e riunitasi la famiglia poté ritornare a sorridere come una volta.
Anche Gosto fece qualcosa di bello, comprò un appartamento vicino alla casa dei Poli, per restare vicino al figlio adottivo e seguirlo nel corso della sua vita  

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