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sabato 9 aprile 2011

Novelle 2


Bardo e la fata del bosco

Bardo dai grandi denti, così chiamato per la lunghezza appunto dei suoi denti, un giorno verso mezzodì trovò una ragazza molto bella in una selva ombrosa, sul pianoro della Borella.
Se ne stava seduta tutta sola, avvolta in sete regali, e piangeva silenziosamente: era la cosa più bella che lui avesse mai visto, e la sua bellezza era ancora più accentuata dalle lacrime che le solcavano il viso.
Il giovane uomo sentì subito ardere in petto il fuoco della passione. 
Si meravigliò che un tesoro così prezioso fosse rimasto incustodito e, come una stella caduta dal cielo, stesse piangente sulla terra.
Si guardò intorno, temendo qualche trappola nascosta, ma non vedendo alcuno, si inginocchiò di fronte a lei umilmente e le rivolse la parola con rispetto: «O immagine, la più dolce e la più luminosa di tutto il mondo, sia che questo bagliore del vostro volto appartenga al genere umano, sia che qualche divinità abbia voluto mostrarsi ai suoi adoratori sulla terra, io me ne rallegro, e anche voi potete rallegrarvi per essere capitata qui, sotto la mia protezione.
Cosa devo fare, dal momento che sono stato scelto per essere al vostro servizio?».
La donna rispose con una voce così dolce e simile a quella di una colomba, che si sarebbe potuto credere che stesse parlando un angelo:
«O nobile cavaliere, non fu per mia volontà che mi trovo qui, ma vi giunsi per un caso fortuito.
Una carrozza spinta dalla violenza della tempesta mi portò su questa terra, contro il mio volere, assieme a mio padre, per essere data in matrimonio al re della Garfagnana.
Quando mi femai, in compagnia soltanto di questa fanciulla che vedete qui (ed ecco che una fanciulla apparve al suo fianco), un colpo di vento allontanò la carrozza, e vani furono gli sforzi del cocchiere per ricondurla sulla giusta via.
Comunque, per paura che i lupi o uomini malvagi possano divorarmi o assalirmi, desidererei restare con voi, se mi darete la vostra parola e quella dei vostri uomini che non mi farete alcun male, poiché sarebbe più sicuro e più conveniente per me fidarmi di voi fino a quando non ritornerà la carrozza».
Bardo che aveva ascoltato tutto con la massima attenzione, vedeva il suo desiderio realizzarsi, e subito promise ciò che gli era stato chiesto; condusse a casa con grande gioia il tesoro trovato, mostrando ad entrambe le donne tutta la gentilezza possibile.
La introdusse nel suo castello, l’affidò alla custodia della madre, e poco tempo trascorse  e si unì in  matrimonio con questo seducente flagello, e da loro nacque una bellissima progenie.
Sua madre era un’assidua frequentatrice della chiesa, e sua moglie faceva lo stesso; la madre era piena di bontà verso gli orfani e le vedove, altrettanto lei.
La condotta della donna appariva, agli occhi di tutti, degna dei più grandi elogi, salvo su un punto: evitava l’aspersione dell’acqua benedetta e fuggiva via prima della comunione, prendendo a pretesto la folla o un affare da sbrigare.
La madre di Brenno aveva notato questa sua strana condotta e, mossa da giusto sospetto, temendo che potesse accadere il peggio, dedicò tutte le sue cure a spiare la nuora per cercare di scoprire il motivo di questo suo atteggiamento.
Aveva notato che la donna entrava in chiesa tutte le domeniche dopo l’aspersione e andava via prima della consacrazione dell’ostia, e per comprendente il motivo, fece un piccolo buco nella parete, attraverso il quale poté spiare la nuora.
Una domenica mattina, in cui Brenno si era recato in chiesa, la madre vide attraverso il foro la bellissima donna entrare in una vasca per il bagno e trasformarsi in un drago: dopo un po’ di tempo la vide balzare fuori dalla vasca, avvolta in un nuovo mantello che la serva le aveva porto e farlo a pezzettini con i denti, quindi riassumere le sue sembianze originali.
La madre raccontò al figlio tutto quello che aveva visto.
Il figlio mandò a chiamare un prete, insieme si recarono dalle due donne ignare e le aspersero con acqua benedetta.
Allora quelle balzarono via attraverso il tetto e, lanciando grandi urla, abbandonarono la dimora, dove si erano a lungo rifugiate.
I discendenti di Brenno e della sua sposa vivono in gran numero ancora oggi sui i monti che fanno cornice a Bolognana.

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