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Le mie scritture

sabato 9 aprile 2011

Poesie 31

La montagna sposa

Nobili e imponenti montagne 
con l’abito da sposa aspettate l’amante
che per voi freme di passione.

E’ innamorato e va su per monti
con i sogni dell’immenso,
mentre quella veste bianca
immobile sta  a guardare.

Passano le stagioni
per l’uomo innamorato,
e l’ultima primavera
più non vide la sua amata.

La sua anima vaga esitante
fra cime e valli  a corteggiar
colei che un di fu sua.

All’imbrunir  del giorno
è il fracasso della passione,
affacciati o calma e quieta sera
ti ama e ti desidera la trepidante
ansia mia.

Dalle valli canzoni e note,
il mormorio delle preghiere,
col fremito della brezza
in compagnia di lanterne accese,
riposa fantasticando i forestieri
sentieri del cielo,
lassù la sua amata
con l’abito da sposa.

Solo due seggiole

Un paio di seggiole vane
attorno a noi,
frugale la cena,
un’evasione dalla solitudine.

Per questo…
ricorderemo con nostalgia
il tinnire dei coltelli,
delle forchette
il borboglio della bottiglia
le posate, musica magica
nella nostra sera di ricordi.

Per questo…
ricorderemo la confusa baldoria
della tavola apparecchiata,
nel gioioso ridere dei figli
e lo strusciare delle seggiole.

Attorno a noi
un paio di seggiole vane
e così avanzano tristi le nostalgie
nella nostra sera di ricordi.

Per questo…
il via vai della vita
li ha trascinati lontano
dal calore delle nostre mani
per nuovi lidi.

Incavate nei rammarichi
rimarranno due seggiole vane
in compagnia delle nostre,
e nell’angolo della stanza
una tovaglia sgualcita
resterà immobile.

Con lo sguardo vago,
malinconia errante,
ti accarezzerò le mani
inutilmente cercherai
immagini che..
non ci conforteranno.

Insieme andremo

Mio piccolo bimbo
poggi il capo sul cuscino
odoroso di spigo,
un tintinnio di campanelli
appiana i prodigi del sonno.

Quel che l’anima mostra
adesso riesco a scorgere,
al di là del riposo
la pura  semplicità del momento,
un sospiro lieve sorride all’innocenza.

Le difformi pazzie percepite
coltivate nell’aria delle selve,
e il chioccolare selvatico del merlo
e la perenne serenità di coltri innevate.

Da lontano l’eco del tuo nome
 i tuoi occhi diamanti di stelle,
affusolate mani battono fremiti
su tasti armonici di un organo.

Silenziosi e cauti andremo
per monti,
templi perenni,
arte musiva in duratura ascesa,
sui colli dai vecchi manieri
lucenti di rosolacci come antichi falò,
e ascolteremo l’avvicinarsi del vento
incitato dalla luna nelle notti dell’equinozio.

Bellissimo come un airone
ti innalzerai dalla tua cuna
e solamente un palpito d’ali
forse ricorderai domani.

Ritornar bambino

Oh giovinezza di tante primavere
con l’odore delle selve ricompari
e l’animo mio ne gode
dell’aria alpestre
nei ricordi vaghi e pur sinceri. 

Braccia graffiate
e stinchi scorticati, 
guance screpolate dal vento diaccio…
calzoni sdruciti ,
e ginocchia nere,
ingenui anni dove si crede alla befana
e le menzogne cosi sincere.

Adesso son remoti gli gnomi e i maghi
e il dolce sapore delle fole,
ora fantastichiamo altri passatempi
l’avidi vizi sono i concetti prediletti.

Oggi non più guance screpolate,
ginocchia graffiate,
il viso sporco,
calzoni sdruciti e giubba con le toppe
ma le parole si… false e insincere.

Con gioia andrei a ritroso
dal mio viaggio
col viso sporco,
i calzoni sdruciti
e le toppe sulla giubba  
per ritornar bambino.

Sentiero

Silenzioso, solitario
e sassoso sentiero,
presso la frasca antica
ti sottrai timoroso.

All’or del vespro cogli la scura sera
dopo il tepore del sol di primavera
resistente te ne stai
al passar delle stagioni.

Sopra e sotto il ciglio balconi verdi
in un mosaico di viole mammole,
il gregge ramingo và,
al tintinnar di fievoli campanelli.

La grandezza dello spazio
ti conquista,
raccogli nell’aria
la passione per la vita.

Oltre il castagno bugio
sta una passerella
a scavalcar il ruscello,
che lambito da felci
e traballanti canne scende,
stanco di carezzare le brecce
con continui flutti.

Par che salti i ciottoli  
per dimenticar l’angosce,
oh vorrei esser con lui
condotto fra muschi e licheni 
e perdere il ricordo del passato.

La vita è acre e incombe
finche la giara
col passar degli anni
si svuota per non ricolmarsi più.

Noi

Noi
sulle cime dei nostri monti
nell’armonia espansa
del sole alla mattina.

Noi
nel crepuscolo del primo giorno
ignudi nella serenità,
adagiati ad ascoltare
la silenziosità del luogo ameno.

Noi
con l’animo immacolato,
immorali nella bramosia
viviamo sereni.

Noi
fra dirupi degradanti
e il firmamento
di frusciante seta.

Noi
Nella pace antica
delle immobili cime
la dolce apatia
di un mondo lontano.

Agli sposi     ( Epitalamio )

Senti tuonar e fuori piove.

A questo desco risate e burle…
insieme siamo a festeggiar
voi giovani sposi.

Noi felici commensali godiamo
all’allegra tavolata…
di pietanze saporite, di vini,
e dolci a non finire.

Auguri e buoni auspici,
che voliate con le ali della gioia
anche se dietro le curve della vita
a volte troverete la malora.

Ma non perdete la speranza,
incitamento certo per il domani,
gratificati sarete dal coraggio
nell’affrontare le incertezze
e vagheggiate gli odori della vita.

In coro felici e un po’ gelosi
della vostra gioventù,
tutti insiemi vi diciamo
adesso che è piovuto
state calmi tanto
avete già arato e seminato.

Le rughe d’inverno

Malinconico camminar
su per la vecchia ruga
invasa da moventi  brume
aulenti di pane,
del fumo dei ceppi accesi.

Dallo stabbio un mesto belare,
da una stalla il muggire delle mucche,
dall’altana lo strillo di un bimbo,
lontano il pianto della sirena.

Coperta dal un tabarro
un’ombra se ne và furtiva,
risalgo l’erto lastricato ingrigito e
mi allieto dei vetri appannati
schiariti dai bagliori dei camini.

Dal segreto della selva
giunge il lamento della civetta,
dal piccolo campanile
i rintocchi dell’or di notte.

E’ l’ora della preghiera,
è l’ora della famiglia
or giunto all’atrio di casa…entro…
la  serenità mi assale.

Il vecchio metato

Nell’oscurità dei vetusti castani
distaccata da murici e siepi
fra fronde silenziose riposa.

Mattoni consumati dal tempo,
sopra la mulattiera al monte
par si mostri saldo e fiero il metato.

Quel capanno,
concio del remoto tempo,
a te che passi
concede riparo nell’ora tarda.

In un cantone una bastina sdrucita,
al muro gli attrezzi della terra,
e sopra la porta qualcosa di arrugginito
di singolare foggia,
una strana forma,
forse… un ferro di cavallo….

Una lanterna,
una madia e una data su una pietra,
uno sgabello  zoppicante,
un camino,         
ecco avvampa un ciocco
e li continua la vita.

Il crepuscolo

All’or del vespro
il quieto crepuscolo
pigro si adagia,
e poi si consuma
col perir della luce.

Placido tutto si posa
su soffici pagliericci
il disordine del tempo
recita la fine della follia.

Notte,
tremanti e incerti frammenti
si danno fuoco qui e… laggiù            
a tramandare nell’oscurità il giorno.

Dalla luce calda
ecco sorgente la luna
che saltella su uno sciame di nubi
e timorosa della tenue luce
dà vita alle tenebre.

Cala la notte

Nel riflesso
dei raggi stinti
del sol che muore
fra castagni e acacie.

Appare nel cielo
e su la selva indugia,
fulva è la luna.

Aulenti frescure
del limpido venticello
che oltre i poggi monta.

Germoglia la sera
e ignota e pigra su colori smorti
sparge la sua soffice coltre di bambagia.

Riflesso

Zitti:
sospiro di brezza
fremente la selva.

Zitti:
cielo incerto,
messaggio leggero,
riflesso di scie cadenti.

Pioppo

Poggi arsi
al calar del sole,
in una vampa di luce.
Rilassanti flutti
al vento raccontano fole,
serenità,
nella frescura di un
malinconico pioppo.

Frenesie

Si increspano frenesie
su questo fiume
e su l’acqua
si ingannano i sogni.

E mentre il frastuono
dell’avventura
si distende su ciottoli e muschio,
un tronco bugio dondola
sull’onda dell’amato fiume.

Fugge

Fugge la fantasia
sull’onda del mare,
e la follia recita alla luna
una poesia,
mentre un ermo fiore
versa stille di effluvio e rugiada.

I versi nella pianura incolta

Nella pianura incolta della selva
i sogni sono la linea del tramonto 
e le mie poesie
barche in cerca di un molo.

Nella distesa arida della selva
il desiderio insegue il torrente
e gli astri
inseguono l’apparenza.

Nel pianoro della selva
scintillii di diamanti,
l’azzurro intenso del firmamento
fa sbocciare margherite e ciclamini

Nella landa della selva
un leggero tocco di brezza
ispirazione dei mie versi
vicino palpitare io riconosco

Ritorno a Bolognana

Da sempre
pigramente arroccata
dalla Chiesa alla Borella
e fin nel luogo ove
crescono i castani.

Le nude guglie scudi al vento
di erte montagne,
dai boschi alle selve
e giù sino al paese
dove è forte l’odore
delle umide rughe.

Passato è il tempo
dell’ora di ragazzo
la tua grazia, il tuo silenzio
non tramontano
forte e arroccata
or deserta, ora fredda, or serena.

Dimenticata e semplice
aulente ti proni,
mesta e sola
il tuo corpo di pietra rinasce al tempo.

Scenari di verde ti sovrastano,
sono pensieri che volano,
fra le pietrose case
nel loro essere di eterna giovinezza
si aggira la serenità di una vecchia poesia.

Suoni sordi, suoni di quiete,
quassù i suoni rimangono veri
è l’antico sentimento dell’amore.

Resti qui pigramente arroccata
ma il tuo donare anche se molle
permane a richiamar l’animo mio,
fra la frescura di fronde
e dai pascoli aprichi.

La sera

Su un’alta frasca
si posò la colomba
e i suoi occhi si spensero
come il tiepido sole.

Brillarono in celo
infinite fiammelle
e stille di luna
bagnarono la viva coltre.

Apparve cantando il vento,
dalla selva di verde smeraldo
e portò odore di muschio.

Si serrarono porte e battenti
e al riflesso del freddo metallo
i predoni della notte
spalancavano le tane.

Nell’intimo crepuscolo
sospiri e promesse frullavano
per cieli infiniti,
e mani stanche aprirono
il rifugio del notturno riposo.

La luna nel canalone

Si innalza su nel celo,
il riflesso color dello smeraldo,
e con movenze lievi
frescura disperdea.

E le maestose piante al sol rovente
su per il sentiero che rasenta il monte
oziavano al tempo bello.

All’imbrunire nascevano sfuggenti
montane ombre allungate,
schiarite dall’ansioso riverbero di luna.

Su per la stretta valle
la pace solitaria regnava,
e si confondeva al brontolio dei fossi.

Dopo il fato della vita
tra vagabonde nubi
lo scudo argenteo
nobile si mostrava.

Peregrinar per monti

Al mio peregrinar
d’ombra in ombra
osservo: alto,
al confine tra cielo e terra
lo scuro incedere di nubi
e fanno da zucchetto al monte.

Paziente si allontana il vento
tra colli e alture
e poi in calata
fra riposanti pascoli.       

Volteggiano impalpabili e lievi
fronde di castagno e chiome di faggete,
arroccate lassù al monte
al calar del sole
si risvegliano le fantasie.

Silenziosa è la luna

Silenziosa è stasera la luna…
fra castagni e abeti
mentre furtiva va la volpe,
si nasconde fra le felci
dell’antico fosso.

Silenziosa è la luna…
sull’ultimo belare dell’armenti
e riposa il trasparente fiume
sotto pallide stelle.

Silenziosa è la luna…
nel manto di seta notturna,
profumata di muschi e di viole
mentre folletti e gnomi
cantano di leggende e fole.

Silenziosa è la luna…
fra castagni e abeti,
all’ultimo stormire d’ala
che cinge gli occhi al giorno.

Bolognana 1

Tranquilla e solenne sorgi
dalle selve che ti circondano,
con l’esultanza pigra
dalle gole boschive,
pianori di frescure
dove pungente
cresce il cardo.

E dilaghi al piano
dove maestoso corre il fiume
che evade fra pioppi
e sassi levigati,   
nel recinto azzurro
fra monti e celo.

Dall’antica chiesa
il tocco della campana,  
l’ora del vespro
richiama gli scomparsi figli.

Inseguo nella memoria
gli anfratti più celati
della tua poesia,
verso quale luogo
di nuda grandezza,
di primitive rocce
il sonno dei miei morti.

Eremo dei Colomini

All’or che l’aurora
l’esitante bruma esala,
dalla roccia che… par si erga
il cenobio arroccato,
l’Eremo della mia infanzia
ove mia madre      
solea condurmi pellegrino 
a pregare la Madonna.  

Su questo luogo
al calar del sera
si raccolgono le stelle
ad offrire lodi
alla biancheggiante luna,
che su queste rupi
spalma del suo riflesso
l’umile  roccia.

I muli

Punge il freddo in un’aria tersa
involta dal verde della selva
su per l’irta mulattiera,
la stalla ormai è lontana.

E’ la prima alba
si affretta il mulattiere
lo sguardo è nobile e tenace
ha l’aspetto di un fiero combattente.

Il corpo marchiato dalla lotta,
perenne, senza sosta, è lo scontro
che fatica sfamare una famiglia.

 Sul sentiero pietroso
d’acqua, neve, e di sole
dei muli in fila legati dalle briglie
con le some vuote e corde ciondoloni.

Grigi, marroni, e mal ridotti
negli occhi la fatica,
stanchi di ragliare
pazienti tengono dietro
e passo dopo passo
con lo scalfir di pietre
pigramente salgono.

Ricordo del fiume

La travolgente acqua
che al piano tracimavi,
di nulla avevi cura
e sull’onda tenevi l’angoscia,
dirompevi fra pioppi e ponticelli,
danneggiavi sponde tormentavi rive
e parei sorridere laddove conoscevi il mare.

Lungo il perenne viaggio
ti mostravi come una gobba e vecchia strega
con piglio irascibile,
dall’indole biliosa.

Ma in primavera tutto taceva
e la tua acqua rimembrava bimbi e fanciulle
dissetava armenti e ali svolazzanti
e con grazia scendevi frizzante dall’irto monte,
sbocciava la vita fra pietre e felci,
acqua nuova,
acqua di sorgente.

La Borella

Splendida e armoniosa,
sinuosa nel barlume che la stringe
nella sua semplicità emerge.

La sua consueta forza
nel tendersi torreggiante
verso le vette apriche,
e sovrana è del piano.

D’altri tempi,
ed ove
nella naturale purezza
riposano vecchi sogni.

Nella lenta serata appare…
come un simulacro di pietra
nato dalla selva.

Dimenticata nobiltà,
salda riposa
nell’eco mormorio del vento.

Su per la selva

In alto
nelle selve
tra castagni e abeti al cielo.

Poi sconnessi viottoli
su per diletti colli
e aulenti pascoli.

A  vagabondar
sotto appuntite frasche
fermandomi mi abbandono.

A volte
nella selva, errante
vado spiando
verità di fede nascoste.

Su per sentieri erbosi
e metati
ancor riposi,
quasi silenti.

Il gorgogliar dell’intima fonte,
lo sprizzare dell’acqua
che da sempre festosa
dal cuore cretoso sorge.

Con le ali del pensiero
una preghiera spicca il volo
e alta va in cerca di Te.

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