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Le mie scritture

venerdì 8 aprile 2011

Poesie 14

Credere

Oh! ignobile vergogna;

Scagliarsi nella contesa per

la protervia delle armi:

Misurarsi in luogo natio nella contesa,

e la guerra in terra straniera.

Scrutare le stelle ;

meditare rune dipinte,

e ghermire immenso sapere,

come fanno i demoni,

se siamo senza Dio. 

Opportuno meditare sul  il mito

e il significato

di questo meraviglioso …..

Ente Supremo.

Visione Divina

Talvolta in limpidi laghetti

dove la montagna

volge al pianoro

trovo una barca fatata:

Da solo remo,

non  c’è nocchiere,

veleggio alla volta delle tenebre.

Una cadenza eufonica

una barbaglio lucente !

Tre angeli tengono una croce,

in candide vesti

con ali quiete veleggiano.

Oh, estasiata visione, calvario di Dio

Il mio ardire si infrange su la

sua  reclusione di morte.

Mentre l’Eternità  dissipa nell’intimo

delle  spumeggianti onde

é tale a una stella,

con le stelle si confonde.

Psiche

Le stelle si spensero, 

scomparve,                                                                                           

il luminescente imbrunire,                                                         

sotto l’incantesimo si scurì,                                                         

fino al colore della pietra.                                                                

Il calore del grembo di donna

all’interno  un  punto profondo,                               

profondamente entro….                                                            

come avesse inghiottito                                                                

tutte le stelle estive.                                                                     

Scavata la notte  di pietra                                                              

del suo contenuto                                                                         

rosa cupo,                                                                               

brillante di luce propria                                                             

come una lucciola.                                                                  

Quando ogni corona,

ogni coro è svanito                                                                        

ogni percezione udita                                                                         

è nell’altro.


l’Eterno

Attraverso la grata 
penetrò un barlume,
freddo e argenteo,
in fondo al lungo raggio
apparve l’Essere divino.

Dolce melodia  suadente,
palpiti purpurei come rubini,
finche le bianche pareti
si colorarono di scie rosse
che salivano lungo il muro.

La musica sfumò,
l’Altissimo  si involse
in fluttuanti nubi,
il raggio si dissolse
e dalle pareti le scie rosse
scomparvero nelle brume.

Angoscia

Fuggo  in ogni momento, 
null’altro  reclamo,
a lungo ho percorso
del mio maniero tutte le rughe;
là in alto le rilassate selve
di tutte conosco le frescure,
le acque sorgive:

Elevata peregrina la mia anima,
raggiunge il volo dell’aquila
fra i castagni ferita,
invocando sollievo
laddove in altre occasioni,
al vespro sostava
difesa nell’ombra.

Dolente l’aculeo la violenta,
la profonda oscurità non beneficia,
e nelle acque del ruscello  bagna le ferite,
dolore pungente,
neppure il vento di ponente la quieta.

Or dunque o diletti figli 
lo stesso si mostri di me.

Ad alcuno non sia  permesso
dal pensiero allontanarmi
la funerea angoscia.

Perduti

Un fuggevole dì…
io vissi,  
vissi con loro; 
Mio padre,
mio madre.

La vecchia si presentò 
un mesto giorno d’autunno,
via li condusse
all’ultimo riposo.

Sereni  riposate nel ricordo
che porto di voi
nell’amorevoli pensieri
ha pace
l’esule visione.

Nella fredda terra:
In cataletti riposate.

Ed e li che siete più vivi ,
dove la gioia dello spirito divino
tutti quelli che invecchiano,
tutti i morti ringiovanisce.

Il passato

Nel tempo in cui
il prato mostra
la serena distesa,
prima che la campana
dell’Avemaria
si abbandoni al tramonto,
l’erta dell’ uomo
colma di ansia
inquieta traspare.

L’incantevole panorama
consola gli affanni.

Ma le lusinghe del creato
io ho assaporate,
le vitali delizie
sono assopite,
i mese della primavera 
sono smarriti.

Domanda

Dolcissima,
mi rimpiangerai
quand’io avrò intrapreso
il  viale dell’estinto?

Compagna ti imploro  venia,
non vorrei affliggere il tuo seno.

Sublime creatura 
ci fu età con vigore scottante,
ma l’incanto perde il suo fascino.

Il mio cuore è disperato,
le mie illusioni sfumano,
il nettare fluisce
diaccio nelle vene,
allorché più mi mostrerò.

Oh compagna bellissima
sola ti dorrai sulla gelida terra 
che custodirà le mie spoglie.

Beatificata sia
quella stilla di dolore,
essa germoglia
per un amore 
che non può dolersi,
tale pianto sarà gradito
a chi l’incavo delle pupille
resterà eternamente arido.

Ricerca

Quante oasi quieti
può scoprire il navigante
nell’immenso ed esteso
mare della dolenza?

All’orche il marinaio
prono e stremato
possa veleggiare 
dall’alba al tramonto,
nell’abbandono del peregrinare.

Oscurità dense e tetre,
avvolgenti  lo sbaraglio del veliero.

Volta senza calore,
ebbra di congerie soffocanti, 
stracciando vele e cime annodate
fino a che  ha inghiottito
la vecchia del mare.

All’ orizzonte il vago orientamento
di un oscuro approdo 
oltre lo scalo della sepoltura.

Ovunque veleggiar vagando
non trarrà  rifugio
alla sua angoscia
nella fiducia  di un amico ,
nella lusinga dell’affetto.

Battaglia

All’imbrunire armi fatali tuonano
nella selva a  ponente.

Prati verdeggianti,  
ruscelli colore del cielo,
dove il giorno velato tramonta ,
la notte alberga uomini agonizzanti,
il pianto incolto
delle loro labbra frementi.

La quiete si raccoglie
sulle fresca erba ,
vermiglia apparenza   
in cui il dio furente alloggia
nel sangue gettato .

Vicino a risecchi tralci
di tenebre e astri,
il simulacro della morte
svolazza
per la selva silente,
per acclamare
le anime combattenti.

Visione

Sul fiume quieto e mesto
si assopiscono la stelle.

Come  pensiero errante 
una  barca insonne e sola
ondula pigramente
fra giunchi e canne.

Dalla remota selva  
giunge il pianto del vento.

Riposa pallida visione
sul mesto fiume,
narra una fola
nella ombrosità della notte.

Il vento sfiora la sponda
volge e cinta
le robuste canne
che fluente preme.

Tremando il pioppo  si duole, 
da un covo s’innalza
un tenue tremolar d’ala,
un canto foresto
declina dalle stelle in cielo.

L’urlo della tormenta angoscia…
immane angoscia.

Al bagliore delle stelle giungi
a bramar le tenebre,
i fiori che estirpasti
adagiati su dondolanti  frangenti.

Divinità   

Oh stelle spiegatemi ,
chi vi sospinge
slanciate  in rotte infuocate ,
nell’interno  di quale incavo oscuro
celerete il riposo.

E tu luna  appari scialba e mesta
vagabonda nello spazio,
esule raminga ,
dove errando  occulterai
il tuo grigiore?

Di te  so tutto! 
vento assopito e esausto ,
eterno giramondo,
principe esiliato dal tuo impero.
So!
utilizzi tuttora il  giaciglio celato,
alla sommità fra le  fronde
del maestoso castagno.

Vuoti  sepolcri

Zolla, la tua coltre grigia
di gobbe sassose.

Mi contagia
per un istante
la profonda quiete.

Oblio è il mio nome,
fra spenti riposi,
fra sepolcri vuoti,
il buio assoluto cela
l’arcano  della vita fuggita.

Le profanate  tenebre
la leggendaria  vecchiezza sepolta
si rinnova nei tremiti  delle felci
nei fiori di campo
sazi di spenti simulacri.

Ora fertile polvere
e scheletri sparsi
uniche rimanenze di anime erranti
si dorrebbe la terra
spoglia di leggere farfalle
lungo la coltre grigia.

In ricordo                                                       

Dirupanti  falesie
sull’infinità furtiva.

Dalle balze scoscese un esile vedova
rimira l’inerzia della grandezza,
illusorie sfumature
richiamano alla mente sogni lieti
a placare inumani ricordi.

Procede costante sull’onde
la parata di imbarcazioni
intonando litanie di speranza.

Per i perduti  l’ultima dimora sul colle
celati dentro i frangenti.

Un abituale gesto
di  indulgenza  per l’incompleta esistenza
una preghiera se la morte affonda
in un silenzio definitivo.

Foulard

Nel vasto cielo
occhi dischiusi
al chiarore della luna. 

Nel calante vento di ponente
un brandello di stoffa,
un segno ricamato.

Ai margini striature di rossetto
come frange calanti
sottile falda,
eremo del pianto,
rifugio del pudore.

Agiti al vento
la sofferenza dei distacchi,
degli addii senza ritorno.

Profumato  da un picciolo di spigo,
pendente sulle spine di rosa.

Attorcigliato tra le mani
tormento, 
dolore, 
angoscia.

Interludi  modulati dubbi,
opere rimosse  per bestemmiare
il successivo grido.


Se il fuoco vi uccidesse
se il fuoco vi uccidesse amici
da dove il vento attingerebbe le sue armonie?

Quali esibizioni di veemenza.

Quale alito di vita,
perenne affanno,
sulla pianura oltraggiata.

La stella lucente
che arde la vita
sulla terra scoperta.

Voi fiorenti di violenza
di travagliata misericordia
voi saggi ,
voi tormentati castagni
mostratevi  fratelli
mostratevi padri.

Riecheggia in voi la sorte del crocefisso,                                  
castagni germogliati sull’aspra pietra                             
riemergete da mille sfregi.

Se il fuoco vi uccidesse,
se il fuoco vi uccidesse amici
sponde senza frescure, 
foreste  monde.

Ammaliate sussultano le selve
al volteggiar delle frasche,
la vita leggera plana.

Processione
Garrire di bandiere,
aquiloni ondeggianti ,
aria di festa
fra le rughe del paese.

Volano palloncini colorati,
bambini festanti,
mani vischiose
di zucchero filato.

Musica rimbombante
che si disperde per le vie del borgo.

Dall’alto, dalla  piccola chiesa 
la processione scende
per la stretta via
lo stendardo brandito dal vento
scompone l’effige della Madonna.

Con devozione prego,
con devozione spero,
accompagnami in questo tragitto
che tuo Figlio mi impone.

Fa che anche la prossima primavera
possa pregare
la tua effige scomposta.

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