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Le mie scritture

domenica 10 aprile 2011

Storielle 18

Il paradiso delle mie selve

Il  direttore del villaggio, il sig. Piero fece suonare la campanella con gran fervore, quella mattina stavamo per intraprendere la salita della vetta più alta dei nostri monti.
Due amici a cui faceva male un piede Antonio e Francesco rimasero a casa a fare i compiti.
Gli altri iniziarono il cammino con allegria alle sette del mattino, attraverso la selva che vibrava per il canto degli uccelli.
Dopo una marcia di un’ora e mezza, giungemmo in mezzo ad un bosco di castagni, il luogo solitario dove giacevano al suolo dei tronchi di albero.
Le tempeste di pioggia e vento, che nel mese scorso fecero tanto danno, avevano abbattuto grandi quantità di castagni secolari.
Piero fece sedere i ragazzi su un ripiano coperto di muschio e fece fare loro la seconda merenda della mattinata.
Non erano ancora le nove, ma i ragazzi erano contenti di fare un riposino.
Le foglie di castagno cadute scricchiolavano sotto il peso dei nostri passi e i ramoscelli rinsecchiti producevano un rumore secco, mentre i ragazzini sedevano sopra di essi.
Quanti morti intorno a noi, disse Piero interrompendo il silenzio che ci circondava.
Chi sa quanti di questi giganti nel corso di migliaia di anni sono caduti nello stesso modo, abbattuti dal vento o feriti a morte dall’intemperie.
Noi stiamo in mezzo ad un immenso cimitero.
Dove credete siano andati a finire tutti i tronchi abbattuti?
Dove vanno milioni di foglie che cadono in autunno?
Basterebbe che per alcuni anni restassero nello stesso posto insieme ai rami caduti, perché questo strato di foglie, alto come una casa avesse a soffocare ogni forma di vita.
Dove vanno?
Carletto, prova a scavare un po’ di terra con la punta del bastone…
Tutti i ragazzi afferrarono in fretta i loro bastoni e raschiando leggermente il terreno iniziarono a smuovere uno strato di foglie secche, ingiallite, umide e marcite.
Guardate disse Piero, ogni filo di erba secca, ogni foglia che cade dall’albero è una nuova fonte di energia, un nuovo capitale di riserva per il terreno.
Pensate come potrebbe fare la terra, questa madre benedetta, non esaurirsi mai?
Osservate questo strato di foglie rimosse.
Quando cade una pianta, o le foglie d’autunno, milioni e milioni di funghi li assalgono come affamati minuscoli folletti e con il loro lavoro silenzioso iniziano a separare gli elementi di cui sono composti.
Questi elementi si spargono per il bosco e diventano materia per l’alimentazione dei nuovi alberi.
Poi viene la pioggia e l’acqua filtrando trascina l’alimento alle radici degli alberi, così dalla morte e dal putridume sboccia nuova vita.
Qualcuno fra i ragazzi chiese: e se i funghi e i bacilli non avessero voglia di lavorare?
Allora la terra in poco tempo si dissolverebbe, le piante morirebbero, poi toccherebbe agli animali, ed in fine agli uomini., un silenzio di sepolcro cimiteriale avvolgerebbe tutto il mondo.
E se tutto ciò non succede si deve ringraziare queste legioni di invisibili funghi e bacilli che si comportano da chimici, e noi chi dobbiamo ringraziare di tutto ciò?
Deve esserci qualcuno che ha ordinato di fare tutto questo, qualcuno in cui è contenuta una grande magnificenza, la forza, la bellezza e la vita fiorente che noi vediamo tutt’attorno.
Ma allora dobbiamo crederci all’olmo che dà i grani alati, e al papavero che come un aspersorio, sparge i suoi scuri granellini.
Piero, il capo squadra invitò uno dei ragazzi a inoltrarsi nel bosco, vicino alla sponda del ruscello  alla ricerca di un fiore chiamato “ non ti scordar di me “un semplice fiore ma molto bello, con una corolla  azzurro celeste e in mezzo il pistillo contornato da cinque stami.
Nel centro i petali prendono un colore arancio e portano alcuni raggi giallognoli, i filamenti degli stami hanno dei morbidi cuscinetti con peli.
Tutto è studiato per un motivo, le api attratte dal bel colore si immergono nel fiore e succhiano il dolce cibo, per il miele, intanto il polline degli stami si attacca si peli delle zampine, e così essa porta poi quel polline ai nuovi fiori che a loro volta gli offrono il loro miele.
Dunque ragazzi dove sta il chimico capace di far uscire da quella terra umida e fangosa, colori così freschi e vivi?
E dov’è un pittore capace di immaginare tanti fiori come centinaia di migliaia ne esistono sulla terra?
Tutta la bellezza che esiste nel mondo si deve a Dio.
Bello è il sole all’aurora di una mattina di primavera, belle sono le stelle che brillano nelle notti silenziose, e bella la goccia di rugiada che tremula sull’erba, bello è pure questo piccolo fiore del color del cielo.
Ma è già trascorso il tempo della sosta.
Piero da ordini che i ragazzi si preparino.
Lasciate tutto pulito, che non restino avanzi della merenda.
In cinque minuti erano gia in cammino verso la vetta.




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