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Le mie scritture

domenica 10 aprile 2011

Storielle 24

Bolognana

IL paese di Bolognana in antico era faceva bella vista sul Castellaccio, di cui  le rovine tuttora si vedono.
Il primo paese aveva 2 chiese, una posta nel castello sotto il titolo di S. Margherita, e l’altra fuori delle mura posta appunto ove l’attuale chiesa  parrocchiale, sotto il titolo di S. Alessandra, inoltre era circondato da molti “” Jugeri  “” di terreno.
Può darsi che tali chiese facessero parte delle 27 che dipendevano dalla pieve di S. Maria di Loppia, un ricco e vasto piviere  difeso da possenti  castelli, le cui entrate legate alla riscossione delle decime ammontava a oltre 2.000 piastre fiorentine l’anno.       
La storia antica del paese di Bolognana è intimamente connessa con la storia del monte Gragno alle falde del quale oggi è situato, mentre anticamente era posto più in alto certamente, perché le acque del Serchio erano altissime e profonde, e sembra giungessero a ricoprire l’attuale paese.
Bolognana era celebre per le guerre,  liti e risse sorte fra i popoli di Gallicano contro la Repubblica di Barga.
Il monte Gregno e il paese di Bolognana sono riportati perfino nel registro antichissimo del Cencio  ( che poi venne fatto papa )  dell’anno 1192 dal quale registro si rileva che, in detto monte vi esisteva una fortezza ed un castello.
Questa fortezza e questo castello esisteva già nell’806 prima del mille, in carte dell’Archivio Vescovile si trova la Fortezza del Gragno come appartenente almeno in parte al Vescovo o per compra o oblazione fattagli.
Certamente anche in un Necrologio Lucchese del XII, riportato dal Ch. Sig. Ab.Donati ne’ suoi “ Dittici “, si legge:
Obiit Raimundus, Archidiac. Lucanus, qui dedit partem suam de Castello Gragno.   

Si dice anche che vicino al castello vi fosse uno “” spedale “”.
Gli spedali di ricovero per pellegrini e viandanti, erano collegati lungo le principali vie di comunicazione, presso i passi montani o i ponti sul fiume.
Un Ospitale esisteva anche sul monte Gragno e se ne trova conferma in una lettera posta alla fine del T. V. dé  Viaggi del Dottor Targioni nella quale lettera si riporta la notizia possedersi dal Ch. Mons.  Manni Fiorentino un Sigillo ove si leggeva nel contorno S. Ranucii Hospital.  S. Bartholom. Mont.Granii “”

Si ha notizia che a partire dal XI secolo nella valle del Serchio erano presenti delle “ xenodochiai “
Ancora oggi sul Castellaccio dell’antico paese si trovano ruderi di tale fortezza e castello e c’è anche una fontana che da sempre è stata chiamata la fontane del castello.
Bolognana e Gallicano erano anticamente sotto le dipendenze di Pisa mentre Barga era sotto la signoria di Firenze.

Va ricordato un periodo in cui la Valle del Serchio diventa terreno di scontro tra vari paesi rivali che se ne contendono il possesso, Barga decide di difendere la propria indipendenza sottomettendosi spontaneamente a Firenze: questo avvenne forse nel 1341 o 1342 come data per il definitivo passaggio, per alcuni tale data va posticipata al 1347.
La popolazione  barghigiana ottenne importanti privilegi di carattere economico e la possibilità di continuare ad essere governata da un Consiglio Generale eletto dalla stessa popolazione poiché il podestà, rappresentante locale del potere centrale, aveva il compito di amministrare la giustizia.
Firenze divenne inevitabilmente  per queste comunità il punto di riferimento non soltanto da un punto di vista politico ma anche artistico e culturale: così ad esempio i palazzi che cominciarono a sorgere nel “ castello “ di Barga a partire dalla fine del XVI secolo, sui resti di antiche
case-torri, ricordavano i rinascimentali palazzi fiorentini.
Documenti iconografici e scritti, fra cui gli Statuti cittadini, sono testimoni  della trasformazione interna della cittadina.
La fortezza di Bolognana, essendo situata in una bella zona strategica faceva gola ai Barghigiani .
Nell’agosto del 1490Barga, con l’aiuto di Firenze, e Gallicano e Bolognana con l’aiuto dei pisani, scesero in guerra.
Se nonché i Veneziani, guidati dal generale Annibale Bentivoglio vennero in soccorso dei Pisani.
I Veneziani che erano circa trecento, passarono i valichi appenninici mentre il capitano Ciriaco dei Fiorentini si fece loro incontro per ostacolarli, ma in questa valle del Serchio si ebbe lo scontro decisivo e i Fiorentini furono costretti a ritirarsi.
Alcuni anni più tardi i Barghigiani ritornarono all’attacco con liti e risse finché la questione non venne rimessa nelle mani del papa Leone.
Questi nell’anno 1514 emise un proclama dichiarando che i Barghigiani lasciassero libero il monte Gragno con Bolognana e Gallicano con l’obbligo che questi ultimi pagassero ogni anno 100 scudi a Barga e dopo 50 anni i Barghigiani potevano di nuovo farsi avanti.
di fatti trascorsi i 50 anni di nuovo risorsero le liti, le risse e le guerre, questa volta la decisione fu rimessa all’arbitrio del papa Pio V° il quale dichiarò nel 1570, che la proprietà del monte Gragno doveva passare alla repubblica di Lucca e che all’occorrenza questa poteva far insediare nel paese di Bolognana dei presidi di soldati.
Per semplice divagazione si può qui notare, sul proposito del Monte di Gragno, la dichiarazione che fece l’Imperatore Massimiliano I  nella conferma de’ privilegi alla Repubblica di Lucca dell’anno 1509: “”item  quia  Mons Gragno prope Gallicanum per homines Gallicani pe longissima tempora fuit pacifice possessum, et a quibusdam  annis citra dictus locus ab hominibus Barga fuit de facto molestatus, qui jandiu ut pessimi filii ab eorum matre Lucensi Civitale ad Florentias dejecerum a quibus nunc violentia foventur, et animantur, vellemus locum illum declrarare, et concedere in pertinentiis Gallicano, proutin veritate estm maxme attento quod locus ille, et iter per ipsum est porta et exitus ex Lucensi territorio, quo Lucensibus clauso de facili a Florentinis obsideri possent, qut Jamdudem ommina pene alia itinera terrestria per que e exitus  ex agro Lucensi  haberi potest, occuparunt.
Si racconta anche che in quei tempi ci fù una pestilenza che distrusse il paese lasciando in vita solamente la famiglia dei Valentini, dalla quale poi si riformò il paese.
Questo racconto trova fondamento sul fatto che scavando sul Castellaccio si trovano ancora oggi delle ossa umane.
I vecchi raccontano che sul Castellaccio sia nascosto un tesoro e più precisamente una chioccia con i pulcini d’oro, tesoro che però non può prendere nessuno poiché appartiene oramai al diavolo.
Nel secolo decimosettimo, Bologna si trovava a far parte della Vicaria di Gallicano, ma non costituiva una  comunità a sé stante: la sua vicinanza a Cardoso aveva fatto si che i due paesi avessero formato un unico centro amministrativo.
Tale situazione, tuttavia, non era destinata a prolungarsi troppo nei tempi: le annose rivalità tra l’una e l’altra località condussero ad una inevitabile separazione.
Negli ultimi giorni di febbraio del 1643, “” con licentia et gratia concedutoli dell’Illustrissimi et Eccellentissimi Signori Antiani et Gonfaloniere di Giustizia, come per sentenza rogata per mano di ser Sigismondo Colli “   fu deliberata ufficialmente la scissione.
Il desiderio di autonomia doveva essere molto accentuato se appena venti giorni dopo, il 19 marzo 1643, gli uomini di Bolognana si riunirono in casa di Giovanni di Martino Poli per decidere circa la nuova organizzazione da dare alla Comunità per “ potersi bene guidare, et vivere con regola determinata “
Per stendere lo statuto fu dato incarico ad una commissione formata dal caporale Paolo di Lorenzo Poli, da Gregorio di Antonio Valentini, da Carlo di Polito Valentini e da Angelo di Francesco Cecconi, mentre quale esperto svolse funzioni
Antonio Alessi di Francesco, da Vitiana, il quale poteva apportare nella nuova articolazione le sue conoscenze sulla materia, avendo alle spalle una specifica esperienza per quanto concerneva l’organizzazione delle comunità del contado lucchese.
Il risultato fu soddisfacente e Bolognana poté così contare su una stesura che garantiva un buon funzionamento delle istituzioni del piccolo centro.
Si tratta, in effetti di uno statuto forse eccessivamente elaborato ma, nel contempo, la prolissità di alcuni capitoli 
permette di penetrare ancor più acutamente nello spirito che mosse e sostenne coloro che stesero il documento.
Gli ordinamenti di Bolognana possono suddividersi in tre grandi sezioni: nella prima si trovano le disposizioni di carattere più strettamente istituzionale che illustravano la composizione e il funzionamento degli organi comunicativi; nella seconda appaiono tutte quelle norme che attenevano ai comportamenti sociali, morali e religiosi; nella tersa sono presenti quegli aspetti che si fondevano con i problemi economici e finanziari, legati alla vita di tutti i giorni e direttamente dipendenti dalla situazione ambientale.
Composizione del Consiglio Comunale
Il Consiglio Comunale era formato da tutti i capi famiglia, con esclusione dei forestieri; le sedute erano valide con la presenza di almeno due terzi degli aventi diritto, mentre le deliberazioni ottenevano l’approvazione qualora si fossero ottenuti almeno due terzi di voti favorevoli dei presenti alla seduta consiliare.
Gli assenti ingiustificati dovevano pagare un’oblazione penale di dieci soldi; i consiglieri che abbandonavano ingiustamente la riunione erano penalizzati e tenuti al pagamento di una lira.
Le regole di comportamento nel Consiglio del Comune di Bolognana erano simili a quelle vigenti presso altre comunità del territorio lucchese : ogni consigliere, appena arrivato, doveva chinarsi e recitare un Pater Noster  ed un’Ave Maria
“”Che illumini ciascuno di ben fare, con deporre ogni interesse di odio, amore, timore, amicitia et parentela, perché dove non si fa questo tanto e non ci è il sacro timore di Iddio, non si può incominciare bene “”
Non si potevano dire parole disoneste e ingiuriose, ne si potevano introdurre armi o bastoni, se non si voleva cadere nella pena di una lira e mezza, “” et tante volte quanto l’Officiale dirà a quel tale che posi detta arma o bastone et quello non facci l’obbedienza, cada sempre nella stessa pena ogni volta che li sarà detto “”.

I Governatori.
Il governo della Comunità era assegnata a Sei Governatori
ai quali aspettavano molte competenze attinenti, prevalentemente, alle materie finanziarie ed estese genericamente a tutte le funzioni governative.
I Governatori rimanevano in carica per sei mesi e venivano eletti attraverso un meccanismo che prevedeva la predisposizione di un certo numeri di biglietti contenti differenti nominativi e l’estrazione a sorte, facendo in modo che nello stesso governatorato non si registrasse la presenza di consanguinei.
La procedura di effettuazione era assegnata a due Assessori
ai quali aspettava anche il compito di effettuare le sostituzioni di membri in caso di decesso o di “malattia longa” di alcuni dei componenti del governo.
Tra le competenze dei Governatori vi era l’obbligo di far si che le entrate del Comune fossero bene amministrate, che i beni comunali fossero conservati, che le spese pubbliche avessero un limite e che non si eccedesse, che la riscossione delle “” Colte  “ e delle tassazioni in genere fosse sollecitata e che procedesse senza indugio alla impostazione ed alla esazione dell’oblazione penale  per inosservanza di disposizioni statuarie.
Le decisioni dei Governatori erano valide se ottenevano 4 voti su 6 componenti.

Offitiali
Ogni tre mesi, utilizzando appositi “” bullettini “”
contenenti tutti i nominativi di tutte le “” teste “” ovvero tutti gli uomini del Comune maggiori di venticinque anni, si nominavano due persone nella carica di Offitiali  destinatari di vari compiti di carattere esecutivo, quali la riscossione delle tassazioni, secondo gli ordini dei Governatori, le assegnazioni del sale alle bocche, la effettuazione delle
“ richieste “ per determinare gli assenti in occasione di manifestazioni civili o religiose, come si noterà.
Gli “ Offitiali “ invitavano a Comune i consiglieri e effettuavano il suono della campana per tale occasione, si occupavano della manutenzione delle strade, convocavano i Governatori e, saltuariamente, potevano effettuare, sempre a seguito di incarico specifico, missioni a Gallicano.
Il lavoro degli Offitiali, “ per riconoscimento delle fatiche loro “ era enumerato con la somma di uno scudo per ciascuno.
La stessa somma doveva essere restituita nel caso di rinuncia alla carica.

Sindici
La funzione dei Sindici era parzialmente difforme e meno impegnativa in rapporto a quella espletata presso altre Vicarie del contado lucchese: eletti dai Governatori in numero di due, rimanevano in carica per tre mesi ed erano tenuti ad andare a Gallicano a “” dare le denuncie del sangue et fare tutto quello che s’aspetta a detto loro offitio.
Alla scadenza del loro mandato, prima di essere rieletti in questo incarico, dovevano osservare una vacanza di almeno sei mesi.

Scrivano  
Anche lo scrivano era eletto dai Governatori, scegliendo tra persone idonee e con la possibilità di
“ rafferma “ ad opera degli stessi Governatori “” se parrà di beneficio pubblico “”.
La normazione statuaria prevedeva che lo Scrivano avesse il compito di “” tenere cura dei libri del nostro Comune “”e proponeva una precisa elencazione.
   un libro era utilizzato per la registrazione dei “”decreti e partiti “”.
   un libro serviva per le imposte effettuate dai Governatori.
   un libro conteneva “” l’accuse et punti ed altre entrate minute “”, ovvero le piccole esazioni dell’ oblazioni e le spese di persone che effettuavano servizi per il Comune.
   un libro era tenuto per la segnatura delle “”colte “”, ovvero delle tassazioni che si imputavano per due tersi all’estimo e per un terzo alle “ teste “.
   un libro aveva ad oggetto le riscossioni dei pagamenti del sale, che veniva fornito obbligatoriamente  dalla Repubblica
a tutte le  “ bocche “, secondo quantità prefisse.

Stimatori e Terminatori delle differenze   
Tra le altre cariche comunali è da porre in evidenza quella degli Stimatori e Terminatori delle differenze, eletti annualmente in numero di due, con l’incarico di dirimere le vertenze che potevano sorgere per la definizione dei confini delle singole proprietà, particolarmente all’interno del Comune di Bolognana.
Per questioni con altri comuni o con territori di altri Stati limitrofi, la competenza era di spettanza della Vicaria o, per le situazioni più ampie, dell’apposito Offizio funzionante a Lucca.

Aspetti sociali e religiosi
Il rispetto verso la religione è puntualizzato in una serie di norme molto particolareggiate: S. Alessandra, patrona della comunità insieme a S. Ginese,
“avvocato nostro”, appare in primo piano e per le sua festa non si doveva lavorare, così come per altre festività comandate, essendo prevista per i contravventori una pena di due lire e mezza.
Vi erano delle eccezioni, ma solamente per situazioni straordinarie nelle quali poteva prevedersi un qualche danno ai raccolti nei campi o nei boschi.
Alla sera della vigilia della festa di S. Alessandra  si svolgeva in Bolognana una “ luminaria “ alla quale erano tenuti a partecipare tutti i capi di famiglia.
I giorni festivi erano descritti con molta precisione, si doveva rispettare la festa il giorno dopo l’Ascensione, per S. Antonio di gennaio e quello di giugno, per S. Bastiano, per S, Doroteo, per S. Margherita, per S. Pellegrino, Per S. Maria della Neve, per S. Rocco, Per S. Marco.
Si faceva festa il primo giugno “” poiché per quanto s’ è inteso dai nostri antecessori venne in tal giorno anticamente una tempesta grandissima di granaiola, che non si raccolse frutti alcuni, o pochi “”.
Per S. Marco, al mattino, aveva luogo una processione che partiva dalla chiesa parrocchiale, andava fino al confine con Gallicano, ove l’Offitiale faceva l’appello dei presenti, multando gli assenti ingiustificati, per poi tornare alla chiesa.
Per le “ rogazioni “ ci si riuniva processionalmente per tre giorni consecutivi per andare:
il primo giorno, partendo dalla chiesa per arrivare verso a Cardoso, fino al “” Crociale de Filettori  “” ove si faceva la  “ richiesta “ dei presenti, quindi si rientrava per arrivare a  Val del Prodo ed alla chiesa;
il secondo giorno, sempre partendo dalla chiesa, si andava al  “” Canale di Diafico “”e fatta la “ richiesta “ si rientrava passando dalla capanna di prete Benedetto da Verni, per la via del “” Campo alla Selva  “”dal “” Col delle Vigne “” dall’immagine di S. Rocco, per giungere alla chiesa;
il terzo giorno, si passava per Bolognana per il
“” il Molinetto “” sino a raggiungere la “”la Rossola “” e qui fatta la “ richiesta “ da parte dell’Offitiale si riprendeva la via per Bolognana.
Tra le festività civili aveva un ruolo predominante la festa della “”Libertà “”, che aveva luogo nella prima domenica dopo Pasqua e che si realizzava con una messa cantata, celebrata a spese del Comune e, come vedremo, con manifestazioni pirotecniche.
Ia comunità di Bolognana che si trovava nel Piviere di Gallicano  disponeva del cimitero e delle sepolture dei suoi cittadini e accordava alla Pieve di Gallicano staia tre di grano, soldi quattro per ogni defonto, al Vescovado una ; libbra di cera, restava al parroco l’onere di andar per gli Olj Santi    

Attività agricole e boschive
Le difficoltà che si evidenziavano in una piccola comunità agricolo-forestale, quale il centro di Bolognana, erano prevalentemente legati alla situazione dell’ambiente: gli uomini della Comunità, pertanto, si preoccupavano di ben custodire i boschi e le selve, di proteggere le coltivazioni, di garantire e rendere sempre funzionali ed agibili i pascoli, di assicurare alcune elementari norme di carattere igienico, attuando in tal modo una politica di equilibrio ecologico e naturale.
Il bosco del Castellaccio Antico veniva vigilato attentamente dal Comune e nessuno poteva andarvi a tagliar legna se non voleva incorrere nella multa di quindici lire: si trattava di un’oblazione piuttosto alta considerando il lontano periodo che vivevano.
Le stesse pene erano imposte a coloro i quali sorpresi a far legname, “” eccetto pruni per far sciepe e parete “” nelle Cerrete delle Calde e nelle Calde di Ficinea, poste al confine con Gallicano e Vallico “”
Era vietato tagliare legname  “ in quello altrui “ pur notandosi che “ il legname secco si possi pigliare liberamente, eccetto ciocche di castagno “”, così come non si poteva
“” tagliar vetrici eccetto per far canestri, grignie, vallette et legar vite “” nella piaggia comunale, sotto pena di mezzo scudo, così come non si poteva andare a raccogliere le fronde che servivano per fare i castagnacci prima del giorno di S. rocco, così come non era possibile “” fare frasche di castagno, di pioppo, ne di frasso per fare vercigli  in quel altrui, ne pampini di vite per fino a fatto la vendemmia “” per questo era prevista un’oblazione di due lire.
Chi era colto a far danno a “” frutti di qualsivoglia sorte “” come le mele, le pere, le ciliegie le grugnole i fichi e altre frutte veniva condannato a pagare   quindi  Bolognini, se si trattava di persona del Comune; qualora fosse uno straniero la somma saliva a due lire, da raddoppiarsi in caso di colpa compiuta in tempo notturno.
Non si poteva raccogliere le fronde di gelso nella proprietà di altrui, a meno che no si volesse incorrere nella pena di quattro lire e chi fosse accusato, perché sorpreso
“” a raccogliere di altri fronde nelli mesi d’agosto et settembre et ottobre, cada in pena di Bolognini quindici.

Aspetti urbanistici
Il problema del rispetto di alcune norme igieniche venne affrontato nel Capitolo riguardante la “ Fontana “,
precisandosi che “” non si poteva fare sporcizie a torno  vicino a braccia 6, nel lavare cose sporche, ne anche pigliar acqua con paiuoli ne altri vari schifi “” sotto pena di quattro lire per ogni infrazione.

Pascoli e bestiame
Un argomento di notevole interesse era rappresentato dai pascoli, ai quali si dedicano non poche disposizioni statuarie, definendo assai particolarmente le singole situazioni oggettive,
Non si poteva portare a “” pastorare “” le proprie bestie “” vaccine, muline, asinine, cavalline, caprine o pecorine “” nella proprietà di altri, senza esplicita licenzia del proprietario.
Durante gli spostamenti non si potevano tenere gli agnelli dietro alle bestie, poiché risultava più facile procurare dei danni e bisognava curare che i piccoli fossero inglobati nell’armento.
Vi erano inoltre alcuni divieti legati alla raccolta: non si potevano portare le bestie a pascolare nelle selve prima che si fosse esaurita la raccolta delle castagne e nel periodo della rastrellature delle fronde; spettava all’Offitiale disporre i tempi per l’apertura delle selve, secondo un preciso ordine che prevedeva dapprima il Monte di Sotto, ovvero dai
“” poggioni  in giù in confine con il fiume “”quindi gli altri poggi fino al Colle delle Calde, infine le altre zone.
L’uso dei pascoli non era gratuito e gli abitanti del Comune che possedevano bestie erano tenuti a pagare ogni anno, nella “ colta di marzo “, sei quattrini per ogni bestia vaccina e due quattrini per ogni bestia pecorina.
Pene maggiori erano imposte alle bestie forestiere che fossero trovare nel territorio di Bolognana a “” pasturare “”: quattro lire per le bestie vaccine ed una lira per quelle pecorine e caprine.
Eccezioni erano fatte per quel bestiame che si trovava in transumanza, di passaggio per andare e tornare nelle piane della Toscana.
Una particolare disciplina regolava inoltre la
“ vicenda “ dei porci e la presenza di questi animali nelle selve.
La Garfagnana ebbe negli anni 1300-1600 potenti famiglie              
di Conti rurali e Valvassori.
Una importante famiglia “ discendenta de’  Sandonnini di Empoli “,  dal 1329 un Ugolino di questa famiglia rifugiatosi sotto la protezione dell’Imp Arrigo di Lussemburgo, e di Giovanni Re di Boemia suo figlio, fu ascritto trà i Cavalieri Teutonici.
L’odierna stirpe degli Sandonnini di Empoli si vede chiaramente in un memoriale esposto dal Capitolo d’Empoli alla Sede Apostolica e firmato con favorevole beneplacito in data li 14 maggio 1509.m   


La meravigliosa Grotta sotterranea detta la Tana di Cascaltendine, che è situata, , sull'estrema sini-stra della vetta del Monte di Gragno
Quel monte che termina così bruscamente in una altissima rupe a picco, sebbene si veda come un monte che abbia sofferto un cataclisma ed un pezzo di esso si sia staccato improvvisamente precipitando nella Turrite.
Appiè di questa rupe si apre la spaziosa Caverna di cui voglio tener parola.
Fa quasi meraviglia che questa grotta visitata da molti, ma poco o punto conosciuta, in questi tempi di alpinismo non sia stata descritta come tante altre grotte di minor pregio, che pure hanno fermato l'attenzione di severi scrutatori della natura e svegliate le armoniose cetre dei poeti.
Ma pure è così, questa che per fare bella mostra di sé non avrebbe bisogno di artifizi retorici, è rimasta lì perché non ha anche trovato uno che se ne occupi particolarmente.



Eppure, dicevamo, bisognerebbe andarci... bisognerebbe descriverla..
Chi avesse proposto di visitare la Tana nei tempi passati alla bassa gente dei nostri paesi, sarebbe stato il caso di sentirsi chiamar matto da legare ; talmente stravaganti erano le cose che si raccontavano. Gl'immensi pericoli che vi s'incontravano, le grandi acque che col loro eterno rumore rendevano suoni cupi e spaventosi, gl'inestricabili laberinti che conducono sull'orlo di precipizi orrendi, le frane che si aprono sotto i piedi, i venti che spengono i lumi, le streghe etc. venivano magnificate in modo che facevano rabbrividire. E per giunta c'erano anche di quelli che imbevuti di queste idee, per le quali certamente non si sarebbero accostati a cotesta grotta per tutto l'oro del mondo, nondimeno per mostrarsi di animo superiore agli altri, asserivano tutte queste cose come vedute dai propri occhi spacciandole per altrettante verità sacrosante. Le nostre mamme parte credendoci in buona fede, e parte per allontanare i loro figli dalla curiosità di visitare la terribile spelonca, contribuivano mirabilmente a far sussitere siffatte sciocche superstizioni. Additavano ai loro figliuoletti quelle buche come asilo delle Fate, delle Orche, delle Streghe e le descrivevano quasi fossero tante vecchiaccie grinzute, con due zanne davanti e con dita unghiate colle quali strozzavano, strangolavano e buttavano giù negli abissi senza fine tutti quelli che odiavano, se pure trasformandosi in vampiri, in grossi formicoloni ed anche in bestie feroci non si divertivano ad abbeverarsi del loro sangue e pascersi delle loro carni.
Ma lasciando il passato, oggi è un fatto che l'internarsi negli antri e nelle caverne, l'esaminare gli scherzosi parti della natura, gli stallattiti, i colaticci di svariatissime forme, il ricercare se questi maravigliosi e al tempo stesso orribilissimi antri fossero stati in qualche tempo abitati dagli uomini, o avessero servito loro di rifugio in momenti pericolosi, non sono più ridicole stranezze né idee mitologiche, ma sono il vastissimo campo delle odierne esplorazione dei dotti, i quali coi loro profondi studi









































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