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Le mie scritture

venerdì 8 aprile 2011

Poesie 18

Per te

Nella chiesetta  sul colle
per te sono andato a pregare,
inginocchiato su gradini rosi  dal tempo
la mesta Donna al mio fianco si pose.

Dalla  mano calda mi tese un fiore carminio
per la tua anima dolente.

Io la consegnerò a te solcando mari 
sopra nubi portate dal vento,
e tu chinando il capo cingerai gli occhi
negando il dono.

Tu che percorri  vie selciate,
da giornate  angosciose,
cinte dalle pareti del tempo
prive di altari di fede
prive di speranze appese
a rame imploranti.

Tu cara
segui la strada  che alla fine declina
verso quel luogo dove tumulato hai
la genesi dell’aurora.

La campana

In che modo   echeggiavano le parole
prima che la  campana  della tua vita
crollasse sul  lastricato  sacrato.

In che modo risuonavano le parole
quando seduti sotto immensi castagni
vedevamo ondeggiare i petali 
delle viole a mammola
al primo sole di primavera,
stagione delizia di sole e vento
pervasa di profumi .

Al di sotto di possenti  propaggini
si inseguono le profonde oscurità  della notte
cinte da corone di fronde.

Ricordo di sguardi furtivi perduti nell’infinito
su oscurità scivolate da selve e montagne eterne
a mendicar passioni.

E   ghermire  cespi di  felci              
dagli umidi cigli del ruscello.
Raminghe  di  sogni  e passione.

Trafitto

Indegno del tuo affetto
qui mi prostro dove hai saziato
la mia lusinga.

Mi hai fatto conoscere uomini
che la possente tua mano pongono,
sfuggiamo al tuo pensiero
perché non abbiamo appreso
che il cielo va vissuto ,
il cuore palpita
per essere donato.

Hai invaso il mio corpo
con  la tua nobiltà
e appagato l’esistenza.

Alla volta delle mie ultime primavere
alla maniera di un essere perso,
in un sospiro serrato in gola
grido.

La notte in supplizio
propone la solita litania,
per me ci sarà il domani?

Indegno della tua benevolenza
Sorpreso ne rimango trafitto.
                  
Il faro

Chiuso nella mia ignoranza,
non capisco.

Ho trascorso la vita
nel costruire  il mio faro
utilizzato pietre del mio fiume
calce delle mie rocce,
ma dopo tante primavere
non vedo il mio essere
e non intendo  il motivo.

Soavi melodie perse
sull’erta del giorno,
dalla mia armonica 
solo appannati geremiadi

Artefice del mio lavoro
ho realizzato il faro
per  poter rischiarare il cielo
e  arrivare a Lui.
Il tepore delle primavere
complici del buon risultato,
ma il turbine dei marosi
hanno cancellato ogni sforzo.

I fiori del mo giardino sono  avvizziti
la tormenta  incombe brutale,
Lui è rimasto assente,
la mia preghiera è caduta nei marosi.

Il seme

Quando la sera volge al futuro
sento la tua depressa crudeltà,
il tuo alito di astio si diffonde
sul tormentato sonno.

La vita è un mare in burrasca
ondeggi e naufraghi su irti scogli,
vivi di sogni effimeri
inganni la mente con simulate certezze.

Grandi uomini piangono
alla luce del giorno
i più,
clandestini nella notte.

Ma chi crede  sente ,
che il seme diventa pianta
poi sboccia un fiore,
profumo dell’amore.

attendi uomo attendi
al declino della vita reciterai…
ho gettato un seme
è nata una pianta
è sbocciato un fiore,
profumo dell’amore.

Silenzio

Odio la mia pazzia
eremo del silenzio
dove dimora la mia solitudine,
umida di cinismo
riecheggia la freddezza
di taciti rimpianti.
Odio il tumulto dei suoni
disordine nell’idee dell’uomo
ne oltraggia la saggezza.
Evoluzione  di mortali inquieti,
richiami di follia persi nel vento
frementi di voci arcane,
figure amanti della quiete,
velario etereo ammainato
su molte tenerezze e
amanti smarriti.
Tuguri colmi d’invidie
espressioni di turpi parole,
ignobile corazza,
rifugio di uomini meschini.
Amo le dottrine cariche di fede
concetti di verità,
Sicuri approdi di affetti nascenti
paffute  nubi dove tessere
decorate meraviglie eterne.

Teatro

I l tocco ripetuto e disgiunto
della campana all’or di notte
dà inizio alla rappresentazione
sull’evasione di affilate malinconie.

Dal proscenio della mia esistenza
indistinti mutamenti si avvicendano
su un palco di travi marce,
declamo immortali sciagure
di poemi vergati da poeti
impostori di passioni.

Sopporto in silenzio
sale e  loggioni vuoti
dove il mio sguardo vaga
in cerca della compagna mia,
per recitare con lei  l’opera prima
di un dramma d’amore.

Illusioni

Giorno dopo giorno 
rinnovano rosari 
di sterili minuti
spogli di sussulti
volano vagabondi
coscienti della loro follia.

Confusi dal continuo tintinnare
delle perenni gocce
su pietre consumate dal tempo
avvolte da verde muschio
marchiano il tempo
di una materia deteriorabile.

Liso da  bagliori di lampi
è insofferente del tempo che fu.

Irritato non si piega alla triste realtà
deluso il suo grido si diffonde
nelle anse del nulla.

La lupa

In un tempo infinito
Invocherò la pazzia

Trancerò il cappio che cinge
la lupa dalla folta coda grigia
che dimora
nelle selvatiche selve 
della mia intimità.

Distruggerò il riposo del tempo,
tra sassi e pietraie occulterò
il carcame delle mie spoglie
lacerate da neri rapaci
arrivati da lontane angosce.

Invocherò il mio angelo
di farmi compagnia nell’errare
per  questa selva buia.

Falco

Seduto al culmine dell’arcobaleno
Indugerò in pensieri e trame di poesie
Attenderò l’accendersi della tua luce.

Al tuo arrivo stenderò
un manto di petali di rose
sopra i nostri caldi corpi
e pregherò la brezza della sera
che porti la tua voce
nelle insenature delle selve,
come una dolce serenata.

Ti attenderò come un falco errante
figlio di queste boscaglie,
e nelle ascese verso il sole ti aspetterò.
 

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